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sabato 2 maggio 2020

Che fine ha fatto l'umiltà profonda? - Spigolature sulla "Preghiera davanti al Crocifisso" di san Francesco d'Assisi


Capita che un giorno qualcuno ti scriva:
«Ciao! Scusa se approfitto delle tue conoscenze. Ho notato che nell'edizione del 2011 delle Fonti Francescane nella preghiera davanti al Crocifisso, non c'è più il versetto: "humiltà profonda", che, tra l'altro, mi piaceva perché di umiltà ne ho bisogno... Sai come mai e quale potrebbe essere la versione più giusta? Grazie!»
Inizia così - con non poca sorpresa per chi scrive! - una piccola ricerca su un dettaglio che (confesso) avevo trascurato in tutti questi anni di frequentazione delle Fonti Francescane e degli Scritti di Francesco.

Che fine ha fatto l'umiltà? Oppure - più propriamente - ci sta o non ci sta? 
Come sempre una buona biblioteca di Convento aiuta anche in tempo di Covid-19, quando le Biblioteche con la B maiuscola sono irraggiungibili. 

mercoledì 24 ottobre 2018

"Cantico delle creature" di san Francesco in dialetto zoldano

la chiesetta di San Francesco d'Assisi
a Forno di Zoldo BL
Ospito volentieri nel mio blog la traduzione in dialetto zoldano del "Cantico delle Creature" di san Francesco d'Assisi, proposta dall'amico & poeta Stefano Talamini.
Il testo è raccolto dal blog "Il giornale di Rodafà" che ringrazio per la diffusione del testo (link).
Dopo il testo il plug-in SoundCloud per ascoltare il testo dalla voce del traduttore.



O Signor, cossita grant e bon,
solche a Ti se à da fa laude, onor e benediẑioign.

Solche a Ti, Signor, le se confà

e neguint cadù  l’é degn de Te menẑonà.

Che i te laude, Signor, par dut chel che te à fat,

e in speẑie par nost fradel al sol,
che par tua graẑia al ne fa lum via par al dì.

E l’é bel e al fa an gran lustre:

e cossita al ne insegna valch de Ti.


Che i te laude, Signor, par nosta sòr la luna e par le stéle:

su in ẑiel te le à fate ciare, de valor e bele.

Che i te laude, Signor, par nost fradèl al vent

e par al ẑiel sarén o co le neule o con sa tenp,
che in ogni caso al vedoléa la dént.

Che i te laude, Signor, anca par l’aiva

nosta sòr umile, valenta, saurida e s-cèta.

Che i te laude, Signor, par al fuach

nost fradèl che al ne fa ciar de not
e te lo à fat bel e contént e cotànt forte.

Che i te laude, Signor, par nosta mare la tera,

che ne arleva e ne dà da tetà,
e la ne dà fiór incolorì, fruti  e erbe.

Che i te laude, Signor, par chi che sa perdonà par amor Tuo

e i soporta malaign e tribolazioign.

Beati chi che le soportarà,

parchè da Ti i sarà incoronai.

Che i te laude, Signor, par la mort de al corp,

che tant no se ghe scanpa a chesto mondo:
guai a chi che morirà in pecà mortàl;
beati chi morirà rispetóss de la Tua santissima volontà
che chela autra mort no ghe farà mal.

Laudé e benedì al Signor e ringraẑielo

e servilo senpre cotànt mestech.


Traduzione di Stefano Talamini

giovedì 21 giugno 2018

amici occitani

Grazie al servizio di cappellania che svolgo da qualche mese a favore dell'Arciconfraternita di Sant'Antonio di Padova ho avuto modo di collaborare alla riuscita dell'edizione 2018 del "Premio della Bontà", organizzato da ormai 44 anni.

E' stato davvero interessante constatare l'interesse di tante scuole e alunni in Italia e non solo, che hanno prodotto tantissime opere (temi, disegni, video) di vario livello e qualità, ma comunque tutte testimoni di interesse e vivacità.

Tra le tante storie pervenute mi ha colpito particolarmente il lavoro fatto dal gruppo di studenti della scuola media (Ist. Comprensivo statale «G.Cistaro») di Guardia Piemontese (Cs) che hanno saputo raccontare una vicenda della storia del loro piccolo paese calabro che mi era del tutto sconosciuta. Una storia di dolore e di violenza, dalla quale i giovani - guidati magistralmente dal gruppo dei docenti - hanno saputo trarre consapevolezza di quanto sia importante l'impegno per la pace perché tragedie e violenze non si ripetano. Una storia che - pur insegnando storia della Chiesa - mi era sconosciuta... (= fav dietro alla lavagna!).

sabato 25 aprile 2015

25 aprile

Per chi scrive c'è sempre un senso di gratitudine e di sentirsi in debito nei confronti di san Marco, in particolare dal 3 novembre 2001...

Tra le pagine del vangelo di nostro Signore da lui narrato ce ne sono alcune esclusive di Marco (ossia non riprese poi anche da Mt e Lc): il cieco di Bestsàida è una di queste.

A metà del percorso narrativo, prima della domanda chiave di Gesù ai discepoli («e voi chi dite che io sia?») il racconto di una guarigione della vista in più fasi... parabola della pazienza nel 'guarire' nella vista della fede: dove non basta "vedere alberi che camminano".

E non c'è guarigione senza "essere presi per mano", "essere condotti fuori", "essere toccati" persino da volgare saliva...

Grazie, Marco, per esserti ricordato anche questi particolari per noi, per me.

#sanmarco #bibbiafrancescana

domenica 7 luglio 2013

Francesco d'Assisi e la perfetta letizia


Domenica 7 luglio 2013 fav ha offerto un contributo al'interno del corso estivo "Sulla Felicità" organizzato dall'ITSAD (Scuola di formazione teologica e Scuola di Spiritualità) e dalla Casa di Spiritualità di Camposampiero.

Il tema proposto era: "Francesco d'Assisi e la perfetta letizia".

La riflessione - di tipo divulgativo - mette in luce la trasformazione dell'idea originale di Francesco, la sua 'corruzione' o 'impoverimento' successivi, il fatto che non a caso Francesco parli di "vera letizia" e non di "perfetta letizia"...

Se vuoi qui trovi:
Pax et bonum.



venerdì 15 febbraio 2013

una "lezione" imperdibile: Benedetto XVI ai sacerdoti romani


  
Giovedì 14 febbraio papa Bendetto XVI ha incontrato i sacerdoti romani. Incontro tradizionale all'inizio della Quaresima, ma carico di significato in quanto sarà l'ultimo incontro del pontefice-vescovo-di-Roma con il suo presbiterio, a causa della ben nota decisione di lasciare il servizio petrino il 28 febbraio p.v.
In questa occasione Benedetto XVI ha condotto una mirabile 'lezione' parlando del Concilio Vaticano II "dal di dentro".
Parlando a braccio e con molti riferimenti e aneddoti personali, il papa ci offre una lettura davvero profonda e vivace dell'evento che ha segnato profondamente e provvidenzialmente la storia della chiesa cattolica.
Riportiamo qui di seguito il testo integrale tratto dalla pagina http://www.news.va/it/news/il-papa-parla-del-concilio-dal-di-dentro-testo-int . Nella medesima pagina è disponibile il plug-in per l'ascolto del discorso. Se il link dovesse sparire, scaricate da qui il file mp3.
pax, fav

Il Papa racconta il Concilio Vaticano II "dal di dentro": 45 minuti a braccio, intensissimi, senza un’esitazione, durante l’incontro con i sacerdoti romani. Di seguito il testo integrale:  

domenica 17 giugno 1990

falso testo attribuito a s.Francesco

QUESTO TESTO NON E' DI SAN FRANCESCO D'ASSISI, E' UNA DELLE TANTE BUFALE CHE GIRANO NEL WEB.
PER UN DOSSIER SULLE BUFALE LEGGI QUA:


"Quando Francesco morì, frate Rufino consegnò a Chiara, che restò con il santo fino all'ultimo, la sua bisaccia. Quando Chiara l'aprì, all'interno c'era la sua ciotola di legno, il suo cucchiaio, alcuni semi, una penna, un piccolo vaso d'inchiostro e poi una pergamena più volte ripiegata, tutta accartocciata. Con le mani che le tremavano Chiara dispiegò la pergamena e decifrò le goffe lettere che Francesco aveva faticosamente vergato negli ultimi istanti della sua vita... e non poté mai più dimenticarne il contenuto!"

All'anima che sa leggere nella mia,
e che ne comprende le gioie e i dolori,
voglio confidare queste parole:
all'alba della mia dipartita,
al crepuscolo del sentiero che ho scelto,
posso finalmente affermare,
completamente in pace,
che la nostra ferita, in questo mondo,
non sta né nella ricchezza, né nella povertà,
ma nella nostra dipendenza
da uno di questi due strati,
nel fatto di immaginare che l'uno o l'altro
possano offrirci gioia e libertà.
Sta anche nel fatto di essere convinti 
che l'Altissimo Signore
abbia bisogno delle sofferenze di noi creature,
per aprirci la porta della sua luce.
La nostra ferita, infine, è il convincimento
che Egli abbia bisogno di sacrificarSi
sotto forma di Suo Figlio,
o sotto forma umana
al fine di salvarci.

Chi mai, tranne noi stessi,
per mezzo della purezza del cuore,
potrà salvarci?
In verità il Buon Signore mi ha mostrato
che non vi era alcun riscatto,
alcun sacrificio da perpetuare.
Mi ha insegnato, in silenzio, 
che sarebbe bastato uscire dall'ignoranza,
dall'oblio e amare.
Amare la vita in ogni forma
e con tutti i mezzi che la rendono bella,
amare la sua Unità in ogni cosa e in ogni essere.

Possa tutto questo venir detto, un giorno,
tanto alle donne come agli uomini;
possa venir detto e insegnato 
meglio di quanto io abbia saputo fare,
senza nulla respingere
dell'Acqua né del Fuoco.

Il mio augurio è che non ci siano più 
né Chiese, né preti, né monaci,
niente di tutto questo:
che vi sia soltanto l'Altissimo e noi,
perché sta ad ognuno incontrarlo in se stesso...
Ora che il velo si squarcia,
 voglio andarmene nudo
come sono venuto al mondo.
E non parlo della nascita del mio corpo,
ma della vera nascita della mia anima,
del giorno in cui ha trovato il coraggio
di scendere più a fondo nella carne
per offrirsi all'Eterno,
così in Alto, così in Basso.