Pasqua! Il Risorto irrompe nelle ore concitate del “giorno dopo il sabato”. Mentre i discepoli di Emmaus sono ancora intenti a testimoniare agli apostoli – nascosti ed impauriti – la loro esperienza pasquale, ed il fatto che hanno riconosciuto Cristo “nello spezzare del pane”… ecco Gesù che “stette in mezzo a loro”: l’Emmanuele/Dio-con-noi è anche il Risorto/Dio-tra-noi. Il saluto è inequivocabile: “Pace a voi!” (Lc 24,26). Sono le prime parole rivolte agli amici ritrovati dopo le drammatiche ore della passione. Dopo i loro tradimenti, dopo i loro abbandoni… non parole di rimprovero o giudizio o condanna, ma : “Pace a voi!”.
Non è solo un saluto, ma un presentarsi con chiara identità: la pace non solo come ideale, ma una pace che è una persona. Lo chiarirà molto bene qualche anno più tardi san Paolo che – scrivendo agli Efesini – dice: «Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne» (2,13-14).
E nella consegna del dono della pace, del suo “essere-pace”, l’invito a verificare che è proprio lui, non un altro: i segni della passione sono ancora impressi! Perché non è un Signore nuovo, diverso. Ma è davvero Gesù di Nazareth, il Signore, il crocifisso che è risorto!
Al termine della sue esistenza terrena, san Francesco, con i segni del crocifisso “scritti” sul suo corpo nell’esperienza de La Verna (le stimmate), amerà ricordare nel Testamento – tra le tante cose – che questo saluto pasquale aveva caratterizzato tutta la sua esistenza dopo la conversione: «Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: “Il Signore ti dia la pace!”» (Testamento, FF 121). Un insegnamento tratto certamente dal vangelo, probabilmente sempre Luca (10,5: «In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa»), ma che altrettanto si ricollega al saluto pasquale del Risorto.
Nel "Patto associativo AGESCI" del nuovo millennio (anno 2000), leggiamo: «Operiamo per la pace, che è rispetto della vita e della dignità di ogni persona; fiducia nel
bene che abita in ciascuno; volontà di vedere l'altro come fratello; impegno per la giustizia. [...] Ci impegniamo a spenderci particolarmente là dove esistono situazioni di marginalità e sfruttamento, che non rispettano la dignità della persona, e a promuovere una cultura della legalità e del rispetto delle regole della democrazia. Ci impegniamo a formare cittadini del mondo ed operatori di pace, in spirito di evangelica nonviolenza, affinché il dialogo ed il confronto con ciò che è diverso da noi diventi forza promotrice di fratellanza universale».
Non solo parlare “di” pace. Non solo augurare “la” pace. Ma essere testimoni di “Chi” è pace.
Come diceva don Primo Mazzolari: «Il cristiano è un uomo DI pace, non un uomo IN pace: fare LA pace è la sua vocazione» (Tu non uccidere, 1955).