domenica 28 maggio 2017

affidarsi ai dubbiosi - articolo per #bibbiafrancescana

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea,
sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono.
Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro:
«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra.
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.
Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,16-20).

«A partire dall’Ascensione, il discepolo diventa uomo di frontiera. Non può coltivare il suo orticello, ma è spinto dal Risorto a pensare in grande. Il suo campo d’azione ideale è tutto il mondo, anche se si concretizza nell’incontro quotidiano con le persone»,
F. Bertellini.

Ascensione del Signore, anno A – Fu in Galilea dove tutto ebbe inizio (Mt 4,12). Fu lì che i discepoli udirono la prima chiamata (Mt 4,15) e lì Gesù promise di riunirli, di nuovo, dopo la risurrezione (Mt 26,31). In Luca, Gesù proibisce di uscire da Gerusalemme (At 1,4). In Matteo, l’ordine è di uscire da Gerusalemme e di ritornare in Galilea (Mt 28,7.10). Ogni evangelista ha il suo modo particolare di presentare la persona di Gesù ed il suo progetto. Per Luca, dopo la risurrezione di Gesù, l’annuncio della Buona Novella deve iniziare a Gerusalemme per raggiungere i confini della terra (At 1,8). Per Matteo, l’annuncio inizia nella Galilea dei pagani (Mt 4,15) per prefigurare, così, il passaggio dai giudei verso i pagani.

I discepoli dovevano andare verso la montagna che Gesù aveva loro mostrato. La montagna evoca il Monte Sinai, dove si era conclusa la prima Alleanza e dove Mosè ricevette le tavole della Legge di Dio (Es 19 a 24; 34,1-35). Evoca la montagna di Dio, dove il profeta Elia si ritirò per ritrovare il senso della sua missione (1Re 19,1-18). Evoca inoltre la montagna della Trasfigurazione, dove Mosè ed Elia, cioè, la Legge e i Profeti, appaiono assieme a Gesù, confermando così che lui è il Messia promesso (Mt 17,1-8).

domenica 21 maggio 2017

la sola anima fedele è sua dimora e sede - articolo per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce.
Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi.
Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.
In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama.
Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Gv 14,15-21).

«Tu che segui Cristo e lo imiti, tu che vivi nella Parola di Dio, tu che mediti sulla sua Legge giorno e notte,  vivi sempre avvolto dal suo Santo Spirito e mai te ne allontanare!», Origene

VI domenica del tempo di Pasqua, anno A – Questi versetti ci conducono nel luogo santo in cui Gesù ha celebrato l’ultima cena con i suoi discepoli: luogo della sua rivelazione, della sua gloria, del suo insegnamento e del suo amore. Qui siamo invitati anche noi a sedere a mensa con Gesù, a chinarci sul suo petto per ricevere il suo comandamento e prepararci, così, ad entrare anche noi, con Lui, nella Passione e nella risurrezione. Dopo il brano di 13,1-30, che racconta i gesti, le parole, i sentimenti di Gesù e dei suoi durante la cena pasquale, con 13,31 entriamo nelle parole del grande ultimo discorso di Gesù, che terminerà con la preghiera sacerdotale del cap.17. Qui siamo, dunque, ancora agli inizi; in 14,1-14 Gesù si era presentato, offerto quale via al Padre, mentre in questi pochi versetti introduce la promessa dell’invio dello Spirito santo, quale consolatore, quale presenza certa, ma anche la promessa della venuta del Padre e di Lui stesso nell’intimo dei discepoli che, per la fede, avranno creduto in lui e avranno custodito i suoi comandi.

Questa volta Bibbia Francescana mette in collegamento questi versetti di Giovanni evangelista con il pensiero di santa Chiara, condiviso ad Agnese di Boemia, amica e sorella in Cristo nella vita delle Povere Dame:

venerdì 19 maggio 2017

patapumfete

Per un sussidio pastorale mi è stato chiesto un breve testo sulla mia Prima comunione. Et voilà...

Patapumfete! Neanche il tempo di rendermi conto che ero per terra sulla scalinata del condominio… e un dolore fortissimo e mai provato prima mi travolge dal braccio sinistro. Qualche ora più tardi il mistero si svela: “Signora, il braccio di suo figlio ha una fratturina a ‘legno verde’. Niente di grave, un bel gessetto e tutto torna a posto!” disse il radiologo a mia madre.

Torniamo a casa, diviso tra il triste per i dolori provati e il buffo per lo strano oggetto candido e rigido che cingeva tutto il mio braccio sinistro. Già! Sinistro! E io sono mancino… Otto anni, terza elementare, marzo. “Come faremo con la scuola?” mi domandavo. “E come farai alla Prima comunione? E’ tra poche settimane…” chiosava mamma.

Dopo una settimana devo dire che la nuova vita con l’ospite incomodo era diventata possibile e familiare. Però che disagio, che noia ripetere mille volta cosa mi fosse successo alla gente incuriosita. “Posso fare un disegno sul gesso? Posso mettere la firma?”: e chi lo sapeva che si usava questa cosa sui gessi? Mai visti gessi in casa. “Non se ne parla! Vorrai mica fare la Prima comunione con un arlecchino di gesso?”. Già, la Prima comunione, la festa, i preparativi, gli incontri a catechismo da tempo…: mi faranno fare la Prima comunione in queste condizioni?

Arriva il giorno tanto atteso. Sì, si può fare; il braccio passa anche per la tunicella bianca. Anzi: non si vede nemmeno. Non se ne accorgeranno… Arriva l’omelia: padre Maurizio soleva fare le omelie dialogate coi bimbi (terrore di generazioni di bambini). Beh… mi lascerà in pace viste le condizioni… “Andrea, vieni un po’ qui… Pensate, anche col braccio rotto è venuto per incontrare Gesù!...”. Santo cielo, non c’è rispetto: anche l’interrogazione. Questa festa proprio non va’. Rispondo alle domante, tra l’imbarazzato e lo sconsolato: pare che sia andato bene, mi lascia andare. Beh, alla fine, questo Gesù si offre anche a me malandato, non solo agli amici e amiche sani, e non mi fa nemmeno tante domande: questo Gesù comincia a piacermi…

domenica 14 maggio 2017

vado a preparavi un posto - articolo per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14,1-12).

V Domenica di Pasqua, anno A – E’ un momento molto particolare quello in cui si svolge questo discorso di Gesù ai discepoli: entro poche ore infatti la sua esperienza terrena sarebbe giunta a conclusione e Gesù sente quindi l’esigenza di prendere commiato da loro, come Giacobbe fece con Giuseppe (Gen 47,29-49), o Giosuè con l’intero popolo di Israele (Gs 23) o ancora Davide con Salomone (1Re 2,1-9). In questo caso però il contenuto della conversazione è molto differente, non essendo incentrato, come in quei casi, sull’invito a rispettare la legge o a essere saggi, ma essendo piuttosto finalizzato a salvaguardare la persistenza della relazione dei discepoli con Gesù, e attraverso di Lui con il Padre, durante la loro vita futura senza di Lui.

Tra le tante espressioni dense di significato mi affascina quella iniziale: «Vado a prepararvi un posto… Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi». E’ un Dio operaio e operoso quello che parla in Gesù Cristo: niente a che vedere con idoli e divinità pagane, assenti, distanti, giudicanti, tentatrici. Qui ci è offerto un Dio che è tutto indaffarato a preparaci un posto, una dimora. Non lo dice uno qualsiasi, è uno “del mestiere”: «Non è costui il falegname, il figlio di Maria…» (Mc 6,3). Dice sant’Antonio di Padova: «Il significato dell’espressione è questo: Se non ci fossero molti posti nella casa del Padre mio, io ve l’avrei detto, cioè non ve l’avrei nascosto, anzi vi avrei detto chiaramente che non ci sono. Sappiate invece, sottintende, “che vado proprio per preparavi il posto” (Gv 14,2). Il padre prepara il posto al figlio, l’uccello prepara il nido ai suoi piccoli. Così Cristo ci ha preparato il posto e la pace della vita eterna, e prima ancora ci ha preparato la strada per la quale arrivarci. Sia egli benedetto nei secoli. Amen» (Sermone per la festa dei santi Filippo e Giacomo, I.3).

domenica 7 maggio 2017

un Pastore che mi chiama non per Sé, ma per realizzare me - articolo per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,1-10)

«La storia della salvezza è storia di ascolto, da Abramo a noi. La parola chiama. La risposta è mettersi in cammino: ascoltare, credere, aprirsi, lasciarsi penetrare, entrare. Questo Pastore mi chiama non per Sé, ma per realizzare me. Mi piace questa similitudine del Pastore. È la prima immagine di Cristo accolta nella Chiesa. In una società di violenti come la nostra, la similitudine può sembrare forzata. Ma ci ho pensato: e trovo che è meravigliosa. Non ho mai visto pecore irreggimentate. Il pastore non le assilla, le guarda con dolcezza, le precede ed esse si muovono con libertà. Strano: mi sento tanto pecora, perché mi sento tanto libero e il pastore non è mercenario. Per Suo mezzo esco ed entro, mi conosce e Lo conosco. È Lui che dà la Sua vita per me, non io per Lui», mons. Valentino Vecchi.

IV Domenica di Pasqua, anno A – Il racconto sul «buon pastore» si presenta in continuità con il racconto precedente: la guarigione del cieco nato (9,1-38) e il discorso sulla cecità dei farisei (9,39-41). Il discorso diretto continua senza alcuna interruzione. E’ dunque situato nell’insieme degli avvenimenti della festa delle Capanne (7,1-10,21) e, in sé, possiede unità e coerenza.

Gesù inizia con una parabola che non applica in modo particolare né a se, né a qualcun altro (10,1-5). Il redattore conclude annotando la non-comprensione dei farisei (10,6).
Sullo stesso tema Gesù sviluppa, in seguito, due parabole che applica alla sua missione: quella della porta (10,7- 10) e quella del buon pastore (10,11-18).
La conclusione ricorda che i Giudei sono di nuovo divisi tra di loro nei suoi riguardi (10,19-21).
«Riconoscete che il Signore è Dio; egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo» dice il Salmo 99. Sul solco di questa tradizione biblica Gesù evoca l’immagine: il pastore chiama le pecore con un grido che gli è proprio. Gesù applicherà a se stesso l’immagine per parlare di quelli che l’ascoltano o rifiutano di credere (10,27). A Pilato dirà: «Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce» (18,37).