domenica 18 febbraio 2018

nel deserto, in Galilea - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto
e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana.
Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato,
Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva:
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Mc 1,12-15

Domenica I di quaresima – anno B - Nel deserto, luogo che per l’evangelista Marco è ideale per la preghiera silenziosa di Gesù (1,35), per il suo ritirarsi sottraendosi alla folla (1,36-38), del suo riposarsi ma pure del suo commuoversi (6,31-32.34)… si ascolta la voce del silenzio, un silenzio che permette:


  • di sintonizzarci con esperienze precedenti: Gesù non è il primo a sostare 40 giorni nel deserto, né il primo ad essere tentato in esso (Gen 6-9; Es 2,16-22; 3,1 con At 7,20.23.30; Es 16ss; Es 34,28; 1Re 19,8);
  • di sperimentare l’azione misteriosa dello Spirito Santo che “sospinse” Gesù nel deserto dopo il battesimo… come a dire che la vita anche per Gesù è lotta, cioè confronto con Satana e ogni espressione di male e pertanto scelta responsabile di assecondarlo o meno… ma è pure esperienza dell’aiuto di Dio che porta a relazioni umane con le “bestie selvatiche”… in ricordo di quanto afferma la tradizione ebraica circa il primo Uomo/Adam: nel “paradiso terrestre” era servito dagli angeli e viveva in pace con gli animali… solo che ora questo “paradiso” è “deserto”, o meglio: il “deserto” in cui vivo ora può farmi ritornare nel “giardino dell’Eden”, vivendo in armonia e serenità pur dovendo accettare il confronto con Satana/serpente, voce alternativa a quella del Dio Creatore, voce – quella del Signore – che si può finalmente ascoltare e accettare come luce del cammino: Gesù nel deserto impara ad essere figlio, dipendente cioè da chi lo ha sì generato ma pure costituito tale al battesimo; “stava” – afferma l’evangelista – come esperienza che inizia e dà continuità a nuove relazioni e al tempo messianico augurato dai profeti (cf. Is 11,1-9);
  • di vivere di speranza, in attesa dell’esito positivo della lotta: Marco non dice “chi” – tra Gesù e Satana – ha vinto, cioè quale voce ha ascoltato Gesù, per cui il racconto resta incompleto (almeno rispetto ai paralleli di Matteo e Luca)… quasi con un interrogativo che accompagna Gesù (e il lettore credente) per tutta la vicenda narrata nel resto del Vangelo: in vari modi il Tentatore cercherà di distogliere Gesù attraverso pro-vocazioni (o tentazioni) sempre mirate: da quella della fama e della popolarità, del “tutti ti cercano” (1,37) a quella del cibarsi non del pane della volontà del Padre (cf. Gv 4,34) ma del lievito dei farisei (la “mondanità spirituale”) e di Erode (il potere violento) – (cf. Mc 8,15); da quella del “non pensare secondo Dio” e di adeguarsi ai desideri umani (cf. Mc 8,33) a quella di “dormire”, cioè di addormentare tutto senza vegliare e pregare (cf. Mc 14,32-42); fino all’ultima voce provocatoria quando sarà in croce: “scendi ora e ti crederemo” (cf. Mc 15,32), cioè: prova ad essere/fare come ti suggeriamo noi… avrai meno fastidi tu, e ne creerai ancor meno a noi!!

In Galilea, invece, si ascoltano due voci/proposte:
  • quella dei fatti, come “l’arresto di Giovanni il Battista”: è un campanello d’allarme che mette sì in movimento Gesù, ma che è anteprima di future “campane da morto” … che per nostra fortuna si cambieranno poi, a Pasqua, in “campane a festa”; ma intanto, questa è la musica da ascoltare: l’annuncio e la scelta per il Regno di Dio avvengono in contesti di persecuzioni che richiedono il dono della vita …
  • quella di Gesù che richiama – vista l’urgenza suscitata dall’arresto di Giovanni – alla conversione, cioè al decidere di giocarsi tutta l’esistenza sulla certezza della presenza, nella storia, di Dio: è tempo (perché “non c’è più tempo”) di ridare il primato a Dio e al suo Regno, cioè al suo Figlio e al modo con cui Lui testimonia il volto del Padre. (*)

I compagni più vicini a Francesco d’Assisi ci consegnano una testimonianza vivida dell’esempio di radicalità dato da Francesco stesso per imitare Cristo, prolungando nel tempo della sua vita l’esperienza penitenziale:
«Noi che siamo stati con lui, lo abbiamo udito dire a più riprese quella parola del Vangelo: Le volpi hanno la tana e gli uccelli del cielo il nido, ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Lc 9,58). E seguitava: «Il Signore, quando stava in disparte a pregare e digiunò quaranta giorni e quaranta notti (Mc 1,13), non si fece apprestare una cella o una casa, ma si riparò sotto le rocce della montagna». Così, sull’esempio del Signore, non volle avere in questo mondo né casa né cella, e neanche voleva che gli fossero edificate. Anzi, se gli sfuggiva la raccomandazione: Preparatemi questa cella così e così, dopo non ci voleva dimorare, in ossequio alla parola del Vangelo: Non vi  preoccupate (Mt 6,25)». [Compilazione di Assisi, FF 1582]
E frate Elia non può non ricordare che i frutti di una tale radicalità nella sequela si manifestavano nella capacità convincente e luminosa di Francesco nella predicazione del Regno di Dio attraverso il richiamo al Vangelo:
«Veramente la presenza del fratello e padre nostro Francesco era vera luce, non solo per noi che gli stavamo vicini, ma anche per quelli che erano lontani da noi per professione di vita. Era infatti una luce mandata dalla vera luce, che illuminava quanti erano nelle tenebre e sedevano nell’ombra della morte, per dirigere i loro passi sulla via della pace (Lc 1,79.78). Questo egli ha fatto, come vera luce meridiana: Colui che sorge dall’alto illuminava il suo cuore e accendeva la volontà di lui con il fuoco del suo amore: ed egli predicava il regno di Dio (Mc 1,14-15) e convertiva il cuore dei padri verso i figli e gli stolti alla prudenza dei giusti e in tutto il mondo ha preparato un popolo nuovo per il Signore. Il suo nome fu divulgato fino alle isole lontane, e tutta la terra ha guardato con stupore le sue mirabili imprese (Sal 138,4)». [Lettera di frate Elia all’Ordine, 3 : FF 307]
O Dio, nostro Padre, concedici
- attraverso la celebrazione di questa Quaresima,
segno sacramentale della nostra conversione -,
di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo.
Egli consacrò questo tempo penitenziale con il digiuno di quaranta giorni,
e vincendo le insidie dell’antico tentatore,
ci insegnò a dominare le seduzioni del maligno.
Tu, che conosci la fragilità della nostra natura ferita dal male e incline al peccato,
donaci di intraprendere con la forza della tua parola il cammino quaresimale
e infondi in noi il tuo Santo Spirito per vincere le seduzioni peccaminose
che ci allontanano da te e feriscono la nostra umanità,
affinché celebrando con spirito rinnovato il mistero pasquale,
possiamo giungere un giorno alla pasqua eterna nel tuo regno.
Per Cristo nostro Signore. Amen. (*)

(*) da una lectio divina di fra Gianni Cappelletto ofmconv.

link: http://bibbiafrancescana.org/2018/02/nel-deserto-in-galilea/ 

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