Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». (Lc 19,1-10)
Domenica XXXI del Tempo ordinario – anno C – Verso la conclusione narrativa del viaggio di Gesù diretto a Gerusalemme, Luca narra l’incontro del Signore con un peccatore e il suo radicale cambiamento. Il racconto di Zaccheo si presenta come un’autentica sintesi della teologia lucana, in cui l’evangelista raccoglie con abilità gli insegnamenti che più gli stanno a cuore: la possibilità attuale di salvezza, la conversione del ricco e il saggio uso del denaro, la gioia dell’incontro e il compimento del progetto divino.
Zaccheo è l’emblema del grande peccatore: ma Gesù è venuto a «cercare» proprio lui, proprio perché «perduto» (v. 10). Sembra che sia il pubblicano a prendere l’iniziativa, in realtà è Gesù che vuole e organizza l’incontro: poiché il progetto benevolo di Dio riguarda la salvezza dell’uomo, Gesù «deve passare» dov’è il peccatore Zaccheo (v. 4) e «deve fermarsi a casa sua» (v. 5). Proprio lì il maestro «doveva» andare, perché quell’uomo malato aveva bisogno del medico e il medico è venuto per curarlo.
Luca insiste volentieri sull’attualità della salvezza. Utilizzando per ben due volte l’avverbio di tempo «oggi» (vv. 5.9) egli intende dire che non si tratta di un fatto passato, accaduto una volta e fuori dalla portata degli ascoltatori: la salvezza donata da Gesù è al contrario un evento contemporaneo a chiunque legge o ascolta il vangelo. Inoltre, l’insistenza di Luca nel far riferimento alla «gioia» (v. 6) nel contesto della conversione sembra che voglia dire proprio questo: chi si converte al Signore con tutto il cuore scopre finalmente una gioia profonda e anche Dio è contento perché l’incontro con la sua creatura è divenuto possibile.
La salvezza consiste nel cambiamento della mentalità del peccatore: colui che fino a quel momento aveva vissuto solo per prendere, adesso è pronto a dare; avendo incontrato la misericordia, Zaccheo diventa operatore di misericordia e comincia a usare bene dei suoi tesori (v. 8). Si accorge dell’umanità sofferente e va incontro ai poveri. [C. Doglio]
Il nome Zaccheo, curiosamente, significa il «puro». Se però è abbreviazione di «Zaccaria», significa «Dio ricorda». Gesù infatti è il «Dio che salva». Egli si ricorda di tutto ciò che è perduto e tratta come puro ogni immondo, perché ha il potere di purificare col suo amore. Nella prospettiva cristiana nessun uomo ormai può essere dichiarato impuro (cf. At 10,15), perché Dio l’ha purificato col sangue del Figlio. Zaccheo, peccatore immondo, che Dio non può non ricordare e purificare, è il nome di ognuno di noi.
A Zaccheo: «…oggi devo fermarmi a casa tua» (19,5); «Oggi per questa casa è venuta la salvezza…» (19,9). Al “buon ladrone”: «…oggi con me sarai nel paradiso» (23,43). L’oggi di Dio cambia la Storia!
#bibbiafrancescana rilancia il testo di Zaccheo ad una pagina minore delle Fonti Francescane (2Cel 33: FF 619). All’agiografo di Francesco interessa il dettaglio di Zaccheo che non riesce a incontrare Gesù a causa della folla. E lo fa narrando l’episodio di un santo frate che cede però alla tentazione di volersi sottrarre alla fraternità francescana per poter sperimentare maggiore perfezione in solitudine. San Francesco smaschererà la non retta intenzione del frate, e gli permetterà di non perdersi nei pericoli tramati da colui che ci vuole sottrarre al Bene che è Dio. Chiosa Tommaso da Celano:
«Oh, quali meraviglie compie il Signore nel consesso e nella comunità dei giusti! In essa chi è tentato trova aiuto, chi cade viene rialzato, il tiepido viene stimolato. In essa il ferro si aguzza con il ferro e il fratello, con l’aiuto del fratello, diviene saldo come una roccaforte. Inoltre, se è vero che la folla del mondo è di ostacolo a vedere Gesù, è anche certo che non lo impedisce affatto il coro celeste degli angeli [= la fraternità religiosa, n.d.r.]. Soltanto non fuggire: sii fedele sino alla morte e riceverai la corona della vita».
Fr. Antonio di Padova tratteggia la figura di Zaccheo come colui che si umilia, e in altro passo come colui che accoglie con gioia:
«Della casa dell’umiltà parla il Signore, quando dice: “Zaccheo, affrettati a scendere, perché oggi io devo fermarmi in casa tua” (Lc 19,5). Nella casa di colui che discende, cioè di colui che si umilia nella sua coscienza, dimora la grazia dell’Onnipotente». (Sermoni, Festa della Cattedra di San Pietro, 4)
«“Ma il centurione disse: “Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto” (Mt 8,8). Invece Zaccheo accolse il Signore pieno di gioia (cf. Lc 19,6). In questo si deve osservare la diversità delle intenzioni. Alcuni, a motivo del rispetto che nutrono verso il Corpo di Cristo, dicono: Signore, non sono degno; e perciò si astengono dall’accostarsi con frequenza all’Eucaristia; altri invece, proprio per onorare il Corpo di Cristo, lo ricevono con gioiosa riconoscenza. Dice Agostino: Non lodo e non biasimo coloro che ricevono ogni giorno l’Eucaristia, perché alcuni proprio per venera-zione non osano riceverla quotidianamente, altri invece per la stessa venerazione, non osano lasciar passare giorno senza riceverla». (Sermoni, Domenica II dopo l’Ottava di Epifania, 8)
«Fratelli e sorelle, lasciamoci anche noi chiamare per nome da Gesù! Nel profondo del cuore, ascoltiamo la sua voce che ci dice: “Oggi devo fermarmi a casa tua”, cioè nel tuo cuore, nella tua vita. E accogliamolo con gioia: Lui può cambiarci, può trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne, può liberarci dall’egoismo e fare della nostra vita un dono d’amore. Gesù può farlo; lasciati guardare da Gesù!», papa Francesco, Angelus 3 novembre 2011.
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