«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,29-32)
2 febbraio – Festa della Presentazione al Tempio – Ipapanté! Non è una parola magica. E’ il nome più antico della festa oggi celebrata nella Chiesa. Ipapanté significa “incontro” e fa ovviamente riferimento all’incontro di Maria, Giuseppe e Gesù bambino presso il Tempio con Simeone e Anna. Da Gerusalemme la festa si diffuse in tutto l’Oriente e poi – per volontà di papa Sergio I (siriaco, 687-701) fu introdotta a Roma e collocata il 2 febbraio.
L’incontro (ipapanté) narrato da Luca nel suo Vangelo assume i contorni della grazia di Dio perché è occasione di rivelazione: per Simeone e Anna che finalmente vedono e toccano colui che attendevano da una vita; per Maria che riceve una profezia misteriosa e chiaroscura sul futuro di questo bambino ricevuto da Dio.
Si festeggi dunque oggi la dimensione dell’incontro, della relazione anche con “sconosciuti” legati da un cammino di fede: perché – ipapanté! – non può che essere origine di rivelazione e luce. Ma non solo! Anche di gratitudine…
Le parole solenni di Simeone evocano quiete e riposo dopo tanta lunga attesa: sono frutto di compimento dopo vigilante servizio. Gli occhi hanno visto! Hanno visto salvezza e luce. La liturgia delle ore pone ogni giorno sulle labbra del cristiano questo piccolo canto di Simeone, nella preghiera di compieta, prima del riposo notturno. Come a dire: «Grazie Signore che anche oggi ho potuto vederti e incontrarti nella mia giornata terrena…». Forse qualche giorno quelle parole risultano vuote e disincarnate: è lo spazio della profezia e della vigilanza che dice il già-e-non-ancora.
Solo dal 1997 questa bella festa cristiana dell’ “incontro” rivelativo è stata associata alla vita consacrata, diventando per volontà di Giovanni Paolo II l’appuntamento per uno sguardo annuale sulla realtà variopinta e multiforme delle consacrazioni religiose.
San Francesco – consacrato a Dio – non celebrò dunque questa festa (nota al suo tempo come “De purificatione Mariae”) con l’attinenza ai consacrati. Tuttavia – uomo evangelico – comprese bene questa valenza ipapanté quando nell’Ammonizione XX dice:
«IL BUON RELIGIOSO E IL RELIGIOSO VANO - Beato quel religioso che non ha giocondità e letizia se non nelle santissime parole e opere del Signore e, mediante queste, conduce gli uomini all’amore di Dio con gaudio e letizia. Guai a quel religioso che si diletta in parole oziose e vane e con esse conduce gli uomini al riso» (FF 195).
link: http://bibbiafrancescana.org/2017/02/ipapante/
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