lunedì 27 maggio 2019

Fttr - Storia della Chiesa 1 - 2018-2019

frammento votivo di pellegrini alle Catacombe di San Sebastiano, a Roma,
metà del III agli inizi del IV secolo, con invocazioni agli apostoli Pietro e Paolo
.
Qui sotto gli studenti del primo ciclo istituzionale della Facoltà Teologica del Triveneto (www.fttr.it)  trovano i materiali scaricabili del corso di "Storia della Chiesa, 1" dell'anno accademico 2018-2019 (cfr.: pagina docente).

domenica 26 maggio 2019

insegnare e ricordare - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate». (Gv 14,23-29)

Domenica VI del Tempo di Pasqua – anno C – La proposta del vangelo in questa liturgia è evidentemente orientata alla Pentecoste, nella promessa dello Spirito Santo inviato dal Padre. Il brano però è collocato nel contesto dell’ultima cena di Gesù, secondo l’interpretazione dell’evangelista Giovanni. Il primo discorso di incoraggiamento e di esortazione da parte di Gesù si conclude con il preannuncio ai discepoli di molti doni d’inestimabile portata: la «venuta» e la «dimora» di Dio (v. 23), il ruolo «educativo» dello Spirito nell’esistenza di ogni credente, (v. 26), la «pace» (v. 27). Condizioni e presupposti a tutto questo: la Pasqua, cioè il «passaggio» di Gesù (v. 28; cf. Gv 13,1) e la fedeltà dei discepoli nell’«osservare» la Parola (v. 23).

L’«osservanza» della Parola di Gesù, da intendere in termini di premurosa custodia nel cuore del suo insegnamento, prima ancora che come pratica operosa. L’osservanza, in ogni caso, è possibile là dove l’impegno del discepolo si combina con la presenza operosa dello Spirito «Paraclito» (v. 26). Una prima conseguenza di tutto ciò è l’esperienza della pace, in quel suo tipico spessore di shalom biblica che non può che essere di origine divina («Vi do la mia pace»: v. 27a). Dimorando nella pace di Gesù è possibile guardare all’epilogo della sua avventura terrena, e anche alle prove che la nostra vicenda personale ci riserva, non come una disfatta ma come un passaggio fecondo, portatore di autentica novità (v. 28; cf. Gv 16,21).

domenica 19 maggio 2019

segni particolari per l’identità cristiana - post per #bibbiafrancescana

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». (Gv 13,31-33a.34-35)

Domenica V del Tempo di Pasqua – anno C – Il tempo pasquale si inoltra ormai verso le tappe finali e la liturgia introduce con la Parola festiva le consegne di Cristo. I discorsi dell’ultima cena trovano nel contesto pasquale (cf. Gv 13,1) la loro opportuna collocazione e consentono di comprendere l’intero evento pasquale in tutta la sua profondità ed efficacia. Pasqua: «Ora di gloria» per Gesù, anzi per Dio stesso, il Padre (vv. 31-32; cf. Gv 12,23-28 e 17,1-5). «Ora» nella quale per i discepoli si profilano nuove prospettive (il «comandamento nuovo»: v. 34) che aprono la loro esistenza alla responsabilità e alla testimonianza (v. 35). Ascensione e Pentecoste apriranno ai discepoli mente e cuore per ricordare le parole di Cristo prima della passione-morte-risurrezione e metterli nella prospettiva di dare loro compimento nella dimensione coraggiosa dell’annuncio… consapevoli di tutti i loro limiti ma anche della grazia di Dio che opera davanti ai loro occhi.

«Quando Giuda fu uscito» (v. 31): l’indicazione non è superflua. Giuda rappresenta l’interpretazione terrena dell’evento pasquale di Gesù: tradimento, disfatta, trionfo del potere delle tenebre… Ma questa prospettiva coglie soltanto l’apparenza e dev’essere superato a vantaggio d’una visuale «divina», più obiettiva e più capace di profondità. E’ una visuale che viene rivelata in assenza di chi non la può comprendere, Giuda, che ha già fatto la sua scelta.

domenica 12 maggio 2019

Gesù mano del Padre - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre.
Io e il Padre siamo una cosa sola». (Gv 10,27-30)

IV Domenica di Pasqua – anno C – Tra l’esperienza storica della fede (il vivere da discepoli del Signore in questo mondo) e quella della salvezza definitiva, pienamente realizzata nel compimento del regno di Dio, vi è un rapporto di analogia, di continuità. Le letture di questa domenica lo lasciano intuire chiaramente. Vita e storia sono l’ambito in cui «le pecore ascoltano la voce del/ Signore» e «il Signore le conosce ed esse lo seguono» (Gv 10,27).

La rivelazione di Gesù come «porta delle pecore» (Gv 10,7) e «buon pastore» (Gv 10,11), non ha trovato alcuna accoglienza presso gli interlocutori giudei (vd. i versetti precedenti alla pericope di questa domenica). Costoro sono su un’altra lunghezza d’onda rispetto a quella del maestro. Dopo un’ulteriore richiesta (cf. Gv 10,24), che ha il solo effetto di evidenziare il loro rifiuto, Gesù riprende come in un epilogo riassuntivo quanto ha già affermato: è solo nella sintonia con lui, frutto della sequela di fede, che è possibile accogliere la sua rivelazione e trarne motivi d’incrollabile fiducia.

Come avviene nell’ambito delle relazioni interpersonali, anche nell’esperienza della fede è senz’altro questione di affinità, di sintonia. L’evangelista Giovanni lo lascia intravedere mediante l’impiego di alcuni termini ricorrenti: «ascoltare la voce» o «conoscere la voce» (Gv 10,3-5.16 e v. 27), e «conoscere» quale prerogativa tipica di relazione interpersonale tra il buon pastore e le sue pecore (Gv 10,14 e v. 27). Tale affinità, tuttavia, ha direttamente a che vedere con l’iniziativa divina, prima ancora che con le proprie scelte personali di accoglienza o di rifiuto: è il fatto di essere conosciuti da Gesù (v. 27), destinatari del dono della sua vita (v. 28), è l’essere proprietà del Padre (v. 29) a rendere possibile la sintonia che caratterizza una relazione di fede appassionata e vivace.

domenica 5 maggio 2019

3 “no”, 3 “sì”, 1 “seguimi” - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi». (Gv 21,1-19)

III Domenica di Pasqua – anno C – Prosegue il cammino di approfondimento del mistero della risurrezione di Cristo offerto in questo tempo pasquale. La liturgia fa posto a un brano giovanneo estremamente ricco e articolato.

Il brano fa parte di un capitolo aggiunto successivamente alla redazione definitiva del vangelo secondo Giovanni. È una buona testimonianza della familiarità di relazioni esistenti tra il Signore risuscitato e i suoi discepoli: la sua realtà di risorto si rivela non solo nella cornice eccezionale del cenacolo (cf. Gv 20,19-29), ma anche sullo sfondo più consueto della quotidianità (vv. 1-14). È in questo contesto che, al primato dell’amore professato da Pietro, Gesù risponde con il conferimento dell’incarico di pascere il suo gregge (vv. 15-19).