In questo giubileo della misericordia non mancano iniziative divulgative per avvicinare il tema in modo creativo.
Un noto network cattolico (aleteia.org) ha consigliato un’interessante lista di film sul tema giubilare: dal capolavoro Il monello di Chaplin (Usa, 1921) a tanti altri titoli più o meno recenti, più o meno noti (tra quest’ultimi l’altro piccolo capolavoro Segreti e bugie di Mike Leight, Regno Unito 1996).
Sorprende l’assenza di un titolo davvero importante, diremmo fondamentale sul tema: The Straight Story di David Lynch (Usa Canada, 1999), noto in Italia col titolo "Una storia vera".
Il titolo originale, contiene un gioco di parole, poiché vuol dire sia “La storia di Straight” (cognome del protagonista del film), ma anche “La storia dritta”, che indica la linearità del viaggio effettuato dal protagonista Alvin Straight per raggiungere il fratello e, metaforicamente, la linearità della vita.
Un classico “road movie” che narra con linguaggio cinematografico e poetico la storia realmente accaduta nel 1994 tra Iowa e Wisconsin: un vecchio contadino compì 386 chilometri in sei settimane di viaggio a bordo di un tagliaerba viaggiando a 8 chilometri all’ora!
Perché un viaggio così assurdo?
Il 73enne Alvin Straight conduceva un’esistenza serena insieme alla figlia Rosie, quando una sera viene avvertito da una telefonata: suo fratello Lyle, con il quale non ha rapporti da diversi anni, ha avuto un infarto e non sta bene.
Alvin sente che deve riconciliarsi col fratello e decide così di andarlo a trovare ma, dato che per motivi di salute non ha più la patente, intraprende il viaggio a bordo di un lento rasaerba.
Quasi 400 chilometri separano i due fratelli e durante il lungo e lento itinerario Alvin avrà modo di conoscere diverse persone: una ragazza incinta scappata di casa, un gruppo di ciclisti, una ospitale coppia di coniugi, due strampalati fratelli meccanici, un sacerdote: tutti incontri che arricchiscono umanamente e spiritualmente le persone che incontrano Alvin, che incontrano un vecchio debole uomo ma ostinato nel suo progetto di riconciliazione.
La calorosa galleria di personaggi e lo sterminato paesaggio americano lo accompagneranno fino all’arrivo a casa del fratello, il quale incredulo non potrà che chiedergli: «Hai fatto tanta strada con quel coso per venire da me?», e al quale Alvin risponderà: «Sì, Lyle». E la commozione li vince…
Una storia che ha dell’inverosimile: eppure una vicenda che nella sua dinamica si ripete più di quanto si possa immaginare.
Chi opera pastoralmente sa che non sono poi così infrequenti le testimonianze di riconciliazioni familiari dopo decenni di legami spezzati.
Molto spesso bastano pochi chilometri o centinaia di metri per essere barriera insormontabile per l’orgoglio. Poi la gioia per la riconciliazione zittisce a fatica il rimpianto per tanto il tempo perduto.
Ed è così anche quando nel segreto del confessionale si sente: «Padre, sono 45 anni che non mi confesso…».
Andrea Vaona
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