domenica 25 marzo 2018

Davvero quest’uomo era Figlio di Dio! - post per #bibbiafrancescana

Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa “Luogo del cranio”, e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: “Il re dei Giudei”. Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: “Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!”. Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: “Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!”. E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: ” Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Ecco, chiama Elia!”. Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere , dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere”. Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”. (Mc 15,22-39)

Domenica delle Palme e della Passione, anno C – E’ l’evangelista Marco a insistere sulla figura solenne e tragica del Centurione romano ai piedi della croce. Nella Chiesa primitiva e nei secoli successivi la sua figura ha assunto un ruolo molto importante perché – anche nelle sacre rappresentazioni della passione – figura in tutti i momenti della morte di Gesù: quando si tratta di dargli da bere l’aceto, di verificarne la morte e di assicurarsi della sua sepoltura.

Tuttavia nell’abile tessitura narrativa e teologica del breve Vangelo secondo Marco il Centurione assume un significato ben maggiore della sola narrazione testimoniale. Infatti se nel primo versetto del Vangelo possiamo leggere: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”, queste parole troveranno conferma proprio alla fine della narrazione quando il Centurione – sotto e di fronte alla croce, ovvero in una posizione di contrapposizione ad essa – dirà: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”. Nessuno prima di quel momento nella narrazione marciana ha detto quanto invece dice solennemente il Centurione.

domenica 18 marzo 2018

tra terra e cielo - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire. (Gv 12,20-33)

Domenica V di Quaresima, anno B - I greci di cui parla il Vangelo di oggi esprimono una perenne aspirazione. Sono i pagani che cercano. Dobbiamo cercarlo tutti: non c’è differenza, non c’è privilegio. Qualcuno potrebbe dire: che differenza fa dire che è Dio o no? Non potrebbe essere solo un grand’uomo, un rivoluzionario, un liberatore sociale? No! Ci vuole una risposta precisa, che è l’anima del cristianesimo. Cristo è vero Dio (Concili di Nicea del 325 e di Efeso del 431). Lui è la forza e la pienezza di Dio (Lettera ai Romani). È Dio nel tessuto della storia umana. È Dio che opera con noi e in noi. È Dio che ci ama oltre ogni limite. Cristo è vero uomo (Concilio di Calcedonia del 451): non si distingue da noi, soffre e gioisce, ha fame e sete.
Cristo è uomo e Dio insieme, indissolubilmente. Le due realtà non si possono separare. Vedendolo uomo tutti si chiedono: donde tanta potenza e sapienza? Vedendolo morire in croce, il centurione commenta: «Veramente costui era Figlio di Dio».

Cristo dunque è la scelta fatta da Dio per entrare nella storia dell’uomo: una scelta sconcertante. Gesù è il seme che muore: c’è chi si scandalizza, chi si commuove e chi resta in silenzio. Cercare Cristo è un dovere: trovarlo è un bisogno e un dono; capirlo e seguirlo è la salvezza.

domenica 11 marzo 2018

alzare lo sguardo - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». (Gv 3,14-21)

Domenica IV del Tempo di Quaresima, “Laetare” – anno B - Il brano sintetico proposto va compreso nel contesto, il dialogo con Nicodemo, in cui all’inizio del cap. 3 Gesù manifesta la necessità di una “rinascita” perché si possa entrare nel regno di Dio. Questa rinascita mediante la fede può avvenire solo nell’incontro con il Figlio e il confronto con la sua croce.

Analogamente al Prologo del Vangelo di Giovanni, in cui la presenza nel mondo del Logos comporta una reazione di accoglimento o rifiuto della Luce da parte degli uomini, anche qui l’uomo è chiamato ad una opzione difronte al Figlio incarnato e “innalzato” per poter essere salvato. Come nell’episodio veterotestamentario rievocato (Nm 21,4-9) chi voleva vivere doveva volgere lo sguardo verso il serpente innalzato da Mosè con un atto volontario, così anche l’incontro con il Figlio richiede una presa di posizione, consapevole e libera, da parte dell’uomo che è essa stessa giudizio.

La missione di Gesù (vv. 17-21): egli non è venuto per condannare ma per salvare. La condanna non deriva da una azione voluta da Dio, ma dalla chiusura degli uomini e delle donne all’azione salvifica di Dio che si manifesta nel dono della vita del Figlio. La distinzione avviene nell’accoglienza o meno del Figlio, che è la luce venuta nel mondo. Ma gli uomini, come già il prologo del Quarto Vangelo ricordava (Gv 1,9-11), preferiscono spesso le tenebre alla luce. Gesù con la sua vita e la sua morte illumina la vita umana e smaschera ciò che è nelle tenebre, «chi fa il male» (Gv 3,20).

domenica 4 marzo 2018

si ricordarono- post per #bibbiafrancescana

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo. (Gv 2,13-25)

Domenica III del tempo di Quaresima, anno B - Il Vangelo si inserisce nel dare un senso spirituale al culto e nel preparare il sacrificio pasquale. I venditori c’erano prima e ci saranno dopo…, non è quello che interessa. A Lui interessa il «regno»: il vero tempio è lo spirito; la vera salvezza sta nel Cristo.

Giovanni sottolinea la violenza del gesto di Gesù. Con questa annotazione che gli è propria, e per mezzo di tutta la scena e di tutte le parole seguenti, l’evangelista suggerisce che Gesù agisce con il temibile vigore dei messaggeri di Dio: «E subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate… Chi resisterà al suo apparire?» (Malachia 3,1).

Sì può leggere nel gesto di Gesù un atto di protesta sociale. È invece una contestazione religiosa contro certe forme di culto. Il gesto di Gesù non è contro i venditori (era permesso, anzi, necessario per le offerte), ma contro la superstizione, che soffoca i «segni della fede». Scambiàti per cose strane e magia, anche i sacramenti diventano amuleti.