domenica 22 luglio 2018

tutti per Uno, Uno per tutti - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato.
Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. (Mc 6,30-34)

XVI Domenica del Tempo Ordinario – anno B - «Venite voi soli in disparte», dice Gesù ai suoi che rientrano dalla “prima semina”, per condurli sul posto dove darà il pane. Nella sinagoga (che significa «riunione») al centro sta la Parola; qui al centro sta colui che li ha inviati, e ora li invita in solitudine, nel deserto. Sarà la “nuova sinagoga”, popolo riunito per ascoltare la sua parola e ricevere il suo cibo. Questo brano redazionale è il preludio immediato che inquadra e dà la chiave interpretativa per la moltiplicazione dei pani. Ci dice le caratteristiche di fondo della Chiesa, che è in stretta connessione con l’eucaristia. Infatti l’eucaristia fa la Chiesa, e la Chiesa fa l’eucaristia.

Né Gesù né tanto meno i suoi inviati sono superuomini insensibili alla fatica. Gesù ha sentito il bisogno di riposarsi o di dormire, sia pure nella barca. I suoi inviati, che condividono le sue stesse fatiche, meritano ugualmente riposo.


Questo è l’unico passo di Marco dove ai “dodici” è dato il nome di apostoli. Tale termine, derivato da un verbo greco che significa “inviare”, è già usato nel greco profano dell’epoca in riferimento a “cose”: designa per esempio un battello pronto a salpare, a essere inviato col suo carico prezioso. Si applica anche a persone, al capo di una spedizione o a persone inviate da parte di un re o di un dio. Allora diventa un termine tecnico: implica che la divinità ha l’iniziativa dell’invio e dà al suo inviato un mandato che gli permette di parlare/agire in suo nome. Da qui il vocabolo passa nel lessico della Chiesa nascente, molto frequente negli Atti degli apostoli e nelle lettere di san Paolo.

Bello intuire l’attenzione di Marco per ricordare l’entusiasmo degli apostoli nel riunirsi attorno a Gesù per riferirgli come erano andate le cose nello loro esperienza: Gesù è il centro della loro attività. Con lui volentieri si fa condivisione e “si rende conto” del loro lavoro-missione. Tutti per Uno, Gesù! E L’Uno sarà – però – anche per tutti!

Gesù a questo punto invita gli amici a separarsi dalla folla e ressa attorno a loro. La spiegazione è data al versetto 32: è importante che Gesù e i dodici abbiano il tempo per riposarsi, pregare, prendere le distanze rispetto alla loro attività e ritrovarsi insieme. Da notare questa sollecitudine molto umana di Gesù: il riposo, la distensione e anche il tempo di riflessione e di ripresa sono indispensabili a ogni uomo, compresi coloro che sono a servizio del Vangelo, ciascuno con la sua vocazione.

Il “mare” (lago di Tiberiade) e la barca sembrano diventare strumenti validi per il progetto di “isolamento” per il riposo prospettato da Gesù: eppure la folla segue trepidante dalla costa questo viaggio nelle acque per intuire dove sarà l’approdo! Dal monte della trasfigurazione (Mc 9,2) bisogna scendere! Dalla culla delle acque bisogna poi ritrovare la riva! Monti e mari luoghi liminali…

Ed ecco la folla all’approdo. E Gesù che “si commuove” per loro e non fa resistenza e si “mette a insegnare loro molte cose”: a noi forse la difficilissima saggezza di saper equilibrare nella nostra vita tempi di azione e tempi di “riposo con lui”? Una volta ancora Marco insiste sull’insegnamento di Gesù senza precisarne il contenuto (vd. 1,22): Gesù insegna a lungo, un fatto che sottolinea non soltanto l’abbondanza di quel che si ha da dire, ma anche la fame del popolo che l’ascolta. Nella prassi della Chiesa l’eucaristia sarà sempre legata – in modo più o meno immediato – alla proclamazione della Parola. I due nutrimenti si completano entrambi nella fame profonda dell’uomo.

Francesco d’Assisi con la sua sapienza evangelica in qualche modo comprende uno dei significati profondi di questa esigenza di riposo proposta da Cristo. E compone una Regola di vita negli eremi dove le icone delle sorelle Marta e Maria possono ben accompagnare il progetto di “riposo/stare-con-il-Signore-in disparte”:

«Coloro che vogliono stare a condurre vita religiosa negli eremi, siano tre frati o al più quattro. Due di essi facciano da madri e abbiano due figli o almeno uno. I due che fanno da madri seguano la vita di Marta, e i due figli seguano la vita di Maria. E questi abbiano un chiostro, nel quale ciascuno abbia una sua piccola cella, nella quale possa pregare e dormire. E sempre recitino la compieta del giorno subito dopo il tramonto del sole, e cerchino di conservare il silenzio e dicano le ore liturgiche e si alzino per il mattutino, e prima di tutto cerchino il regno di Dio e la sua giustizia. E dicano prima all’ora conveniente e dopo terza sciolgano il silenzio e possano parlare e recarsi dalle loro madri. E quando loro piacerà, potranno chiedere ad esse l’elemosina, come dei poverelli, per amore del Signore Dio. E in seguito dicano sesta e nona; e i vespri li dicano all’ora conveniente. E nel chiostro, dove dimorano, non permettano che entri nessuna persona e neppure vi mangino. E quei frati che fanno da madri procurino di stare lontani da ogni persona e, per obbedienza al loro ministro, custodiscano i loro figli da ogni persona, così che nessuno possa parlare con loro. E questi figli non parlino con nessuna persona se non con le loro madri e con il ministro e custode, quando avrà piacere di visitarli con la benedizione del Signore Iddio. I figli però talvolta assumano l’ufficio di madri, come a loro sembrerà opportuno disporre di avvicendarsi secondo le circostanze, cercando di osservare con attenzione e premura tutte le cose dette sopra».

Il francescano inquieto fr. Ubertino da Casale chiosa circa il desiderio di stare appartato di Gesù:

«Si legge che per tre motivi Gesù si appartava dalle turbe: a volte per riposo di quiete, come nel capitolo 6 in Marco, quando Gesù invitò i discepoli: «Venite con me in un luogo deserto e riposatevi un poco»; altra volta per poter attendere all’orazione, come nel capitolo 6 di Luca, dove è scritto: «In quei giorni se ne andò a pregare sul monte e trascorse tutta la notte in preghiera» – e perciò Ambrogio scrive: «ti forma con i suoi esempi ai comandamenti della virtù» –; altra volta per evitare la lode umana, come è detto nel capitolo 6 di Giovanni quando volevano rapirlo per farlo loro re, dopo il miracolo dei pani, ed egli si ritirò di nuovo sul monte solo; e così ancora quando volle insegnare le cose più perfette, come è detto nel capitolo 5 di Matteo: «Gesù, vedendo la folla, salì su di un monte». Con queste azioni, poiché non nella città o sulle piazze, ma su un monte e nella solitudine sedette a insegnare, ci ammaestra a non fare nulla per mostrarci agli uomini e ad allontanarci dallo strepito, soprattutto quando si debba discorrere intorno ai vizi» (Ubertino da Casale, L’Albero della vita, FF 2079).

Sant’Antonio di Padova, frate francescano, sollecita così:

«Così dunque “seguimi!”. In altro senso: se vuoi venire a me e se desideri trovarmi, “segui me”, cioè vieni con me in disparte. Disse infatti ai discepoli: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’. Erano infatti molti quelli che andavano e venivano, e non avevano neanche più il tempo di mangiare” (Mc 6,31). Ahimè, quanti stimoli carnali, quanta confusione di pensieri che vanno e vengono per il nostro cuore, così che non troviamo più il tempo di mangiare il cibo dell’eterna dolcezza, di provare il sapore della contemplazione interiore. E quindi il Maestro pietoso dice: “Venite in disparte”, lontano dalla folla tumultuosa, “in un luogo solitario”, cioè nella solitudine della mente e del corpo, “e riposatevi un po’” (Antonio di Padova, Sermone per la festa di San Giovanni Evangelista, I).


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