«Passando, [Gesù] vide un uomo cieco dalla nascita [...] sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe” – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. [...]
“Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”. [...]
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. Ed egli disse: “Credo, Signore!”. E si prostrò dinanzi a lui» (Gv 9,1-41).
«Come sei buono, mio Dio,
sia a cercare questo cieco per guarirlo senza che egli lo chieda, a guarirlo,
sia a cercarlo una seconda volta per farne il tuo discepolo!
Come sei buono verso di lui!
Come sei buono verso tutti quelli che hanno e avranno conoscenza di questo miracolo
e di questa tenera ricerca, in questo tempo e in tutti i tempi;
dando loro questa lezione di carità, di benevolenza, di zelo per le anime;
aumentando con questo la loro fede, la loro speranza in un Dio così buono, il loro amore per un Dio così tenero!…
Come sei buono verso ogni anima facendo (a tutte interiormente con la tua grazia, e spesso esteriormente per mezzo di creature che non sono se non tuoi strumenti) la stessa cosa che al cieco nato: la stessa ricerca non soltanto duplice, ma di migliaia di volte; la stessa guarigione, la stessa conversione, lo stesso tenero appello!» (Charles De Foucauld)
IV Domenica di Quaresima, anno A – Il vangelo di Giovanni si addentra sempre più nel mistero di Gesù, «pane di vita» (capitolo 6), «sorgente dell’acqua della vita» (capitolo 7), «lo Sono» di Dio (capitolo 8). L’episodio odierno prende occasione da una duplice situazione carica di simbolismo: la festa delle capanne, festa gioiosa di grandi luminarie, e la cecità di un uomo, immerso nelle tenebre. In realtà, le luci rituali non riescono a illuminare le tenebre del peccato e della morte, mentre la cecità fisica non può resistere all’illuminazione divina.
La malattia, in quanto stato di bisogno, può essere condizione privilegiata per ricevere luce (cf. vv. 1-3), la luce che è il Cristo, anche se sembrano vincere le tenebre (cf. vv. 4-5). La «terra mista a saliva» (cf. v. 6) è un’antica pratica terapeutica, ma rievoca anche la terra con cui Dio plasmò l’uomo animandolo con il suo spirito (cf. Gn 2,7). Indica dunque una nuova creazione, espressa nel vecchio rito battesimale dell’unzione con la saliva. L’abluzione nella piscina (cf. v. 7) è anch’essa un richiamo battesimale: si attingeva alla piscina di Siloe l’acqua rituale, inefficace però fino alla venuta di Gesù vero «inviato» (così è tradotto il nome «Siloe») del Padre.
Mentre i farisei si irrigidiscono contro Gesù (cf. vv. 13-16.24), i genitori si trincerano dietro il rifiuto di responsabilità (cf. vv. 20-23). Ma la presenza del maestro non lascia nessuno neutrale, non c’è compromesso fra la luce e le tenebre dal momento che Gesù si dichiara «Figlio dell’uomo» (vv. 35-38).
La vera cecità è quella interiore, che non si lascia illuminare dalla verità (cf. vv. 39-41).
Anche se a livello narrativo gli episodi sono distanziati da ben 4 capitoli, l’episodio dell’incontro di Gesù con la Samaritana (Gv 4) e questo incontro di Gesù con il cieco nato (Gv 9) sono accomunati da una dinamica rivelativa davvero originale:
«Rispose la donna a Gesù: “So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa”. Le dice Gesù: “Sono io, che parlo con te“» (4,25-26).
«Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. Ed egli disse: “Credo, Signore!”. E si prostrò dinanzi a lui» (9,35-38)
Non basta stare con Gesù. Non basta “vedere” Gesù. La sua identità si svela solo come “colui che parla con te”.
Lui che è la Parola del Padre. Lui il “verbo/logos” (Gv 1). Lui il “dire-di-Dio” che è creativo (Gen 1). Lui il senso autentico del comandamento “Ascolta, Israele!” (Dt 6,4). Una Parola da ascoltare, una parola che parla con te, per te.
In questa dimensione – allora – il riconoscimento di Gesù come Signore è possibile per ogni uomo ed ogni donna che fa spazio all’incontro con “colui che gli/le parla”.
Bibbia francescana ci restituisce un episodio miracoloso di Francesco nel quale Tommaso da Celano vedeva rispecchiato il miracolo di Gv 9:
«Bevagna è un nobile paese, sito nella valle Spoletana. Viveva in esso una santa donna, con una figlia vergine ancor più santa e una nipote assai devota a Cristo. San Francesco onorava spesso la loro ospitalità con la propria presenza, poiché quella donna aveva anche un figlio nell’Ordine, uomo di specchiata virtù . Ora una di tali donne, cioè la nipote, era priva del lume degli occhi esterni, benché quegli interni, con i quali si vede Iddio, fossero illuminati di meravigliosa chiarezza. San Francesco, implorato una volta perché , avendo pietà del male di lei, avesse anche riguardo alle loro fatiche, inumidì gli occhi della cieca con la sua saliva, per tre volte, nel nome della Trinità , e le restituì la desiderata vista» (Trattato dei miracoli, 124 : FF 945).link: http://bibbiafrancescana.org/2017/03/e-colui-che-parla-con-te/
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