«…Mentre però [Giuseppe] stava considerando queste cose,
ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse:
“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa.
Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo;
ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù:
egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”» (Mt 1,20-21).
«…L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo;
il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”» (Lc 1,30-33).
3 gennaio – Il calendario liturgico francescano propone per questa data la memoria del “Santissimo nome di Gesù”. Il santissimo nome di Gesù fu sempre venerato e onorato nella chiesa fin dai primi tempi, ma è a partire dal XIV secolo che cominciò ad avere un culto liturgico riconosciuto e diffuso. San Bernardino da Siena, insieme ad altri zelanti francescani (in particolare il beato Alberto da Sarteano e il beato Bernardino da Feltre), diffuse con passione la devozione del nome di Gesù per l’Europa. Molto ancora diffuse le formelle di vario materiale e foggia che decorano palazzi antichi, sia all’interno che all’esterno, con la sigla JHS, “trigramma” del nome di Gesù.
Di per sé il nome “Gesù” non era particolarmente originale al tempo di Gesù Cristo. Però era ed è un nome che porta speranza, poiché significa “Il Signore salva”. In Gesù figlio di Maria di Nazareth questo significato arriva a compimento: egli porterà la salvezza mediante il perdono dei peccati. E’ Gesù Cristo che realizza in pieno il senso di quel nome, con la stessa autorità di Dio, perché egli perdonerà i peccati (Mt 9,6).
Quel nome apparirà anche nell’iscrizione appesa sulla croce (INRI) e dalla croce – attraverso l’esperienza della morte e resurrezione – diventa il “nome che è al di sopra di ogni altro nome” come ben afferma san Paolo nell’inno ai Filippesi:
«Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,7b-11).
Anche Francesco d’Assisi rivela per il nome di Gesù una devozione e amore tutti particolari.
In un tempo in cui gli araldi e banditori annunciavano gli editti in nome dell’Imperatore, del Re, del Vescovo o di “messer lo papa”, l’«Araldo del gran Re» Francesco (cfr. FF 346) avvia il proprio progetto di vita evangelica, la sua Regola approvata dalla Chiesa, invocando il nome del Signore: «Nel nome del signore! incomincia la vita dei frati minori» (FF 74). «Ascoltando il nome di lui, adoratelo con timore e riverenza proni a terra: Signore Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo è il suo nome, che è benedetto nei secoli» (Lettera a tutto l’Ordine, FF 215).
Anche l’invio in missione è dato ai frati da Francesco «Nel nome del Signore, andate per via a due a due con atteggiamento conveniente…» (Compilatio Assisiensis: FF 1659).
Con la passione e la creatività che gli sono proprie, Francesco ha anche la capacità di sviluppare il tema del nome di Gesù, in particolare nella notte del famoso natale a Greccio: «Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva pronunciare Cristo con il nome di “Gesù”, infervorato d’immenso amore, lo chiamava “il Bambino di Betlemme”, e quel nome “Betlemme” lo pronunciava come il belato di una pecora, riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto. E ogni volta che diceva “Bambino di Betlemme” o “Gesù”, passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e deglutire tutta la dolcezza di quella parola» (Tommaso da Celano, Vita prima, 86 : FF 470).
Sempre lo stesso biografo ricorda: «Lo sanno molto bene i frati che vissero con lui come ogni giorno, anzi ogni momento, affiorasse sulle sue labbra il ricordo di Gesù; con quanta soavità e dolcezza gli parlava, con quale tenero amore discorreva con lui. La bocca parlava dalla pienezza del cuore, e quella sorgente di illuminato amore, che lo riempiva dentro, traboccava anche di fuori. Era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra» (Vita prima, 115 : FF 522)
L’intuizione di Francesco dovette essere molto “contagiosa” se – anni dopo la morte del santo assisiate – Tommaso da Eccleston ricorda che in Inghilterra il ministro provinciale frate Guglielmo di Nottingham «..si applicava allo studio della Scrittura e si adoperava con ogni industria per innamorarne gli studenti. Anche quando era a tavola fuori del refettorio, voleva sempre avere il libro da leggere, e venerava di un amore tutto particolare il nome di Gesù e ripeteva con grande devozione le parole del santo Vangelo» (FF 2569).
link: http://bibbiafrancescana.org/2017/01/lo-chiamerai-gesu/
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