In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui». (Mt 11,2-11)
Domenica III del Tempo di Avvento – anno A – In questa domenica di Avvento Giovanni Battista ci guida alla ricerca e al riconoscimento di Gesù, di «colui che deve venire» (v. 3) e che l’umanità attende, esprimendo in varie maniere la sua speranza. La Solennità dell’Immacolata 2019 ha “nascosto” la II Domenica di Avvento dove avremmo trovato ancora il Battista (Mt 3,1-12) all’inizio del suo ministero e annuncio. In questo testo di Mt 11 Gesù fa un grande elogio alla personalità profetica del precursore: «Non è sorto uno più grande di lui» (cf. v. 11a). Colpisce la precisazione finale alquanto misteriosa: «Tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (v. 11b). Ossia, la grandezza ormai si misura in rapporto al regno e non più alla funzione profetica, rispetto alla quale Giovanni fu l’ultimo grande interprete!
Nei dieci versetti del testo evangelico risulta ovviamente centrale la risposta di Gesù alla questione posta da Giovanni «per mezzo dei suoi discepoli» (v. 2b). Tuttavia, va tenuto presente il contesto: dal carcere, in cui si trova, Giovanni «sente parlare delle opere del Cristo» (v. 2a). Da qui l’invio di discepoli a Gesù: non erano dunque opere che lo convincevano quelle di Cristo? Gesù enumera il tipo di opere in cui chiede di essere riconosciuto, in linea con i grandi annunci profetici (cf. Is 29,18-19; 35,5-6; 61,1). Sorprendente, ma pure significativa, è la frase conclusiva: «E beato è colui che non si scandalizza di me!» (v. 6).
Gesù è il Messia della liberazione. Ma il prezzo da pagare è alto. E lo si vede nelle perplessità di Giovanni il Battista: Gesù non corrisponde a quell’attesa; annuncia pace e perdono; viene per i malati, i poveri, gli smarriti. Gesù scandalizza tutti con il Suo metodo, anche quelli che credono di conoscerlo. Bisogna mettersi in umile ascolto. Occorre essere pazienti, come è paziente Dio, che attende la nostra conversione; rinfrancare i cuori e non temere; avere la libertà interiore e fare la propria scelta. Allora saremo beati, come dice Matteo: «Beato chi non si scandalizza di me».
Giovanni non può essere altro che un profeta, anzi è “più grande” di un profeta perché con lui l’attesa di Israele finisce, trovando compimento in Gesù. Giovanni prefigura al meglio il Veniente, non solo preannunciandone il Regno, ma percorrendo fino in fondo tutto il cammino di verità (bellezza e sofferenza) cui il mondo chiamerà anche Gesù. “Il fatto che il mondo sia ben diverso da quello che potrebbe essere non altera la verità che Cristo è presente in esso e che il suo piano non è stato né frustrato né cambiato; anzi, tutto verrà compiuto secondo la sua volontà” (T.Merton). Giovanni è il più grande degli uomini perché è il primo a sperimentare, forte della sapienza vetero-testamentaria, una vera “con-sofferenza” con Gesù, a testimoniare con la sua vita la Presenza di un mistero che si approssima. Giovanni, dunque, inaugura il tempo nuovo, anche se non lo fonda. È il più grande tra “i nati da donna” ed è tuttavia superato dal “più piccolo” nel regno dei cieli, cioè da Cristo (s.Giovanni Crisostomo), colui che nel regno del Padre ha scelto per sé il ruolo dell’umile servitore. Di tale umile servitore: “Andiamo a riferire…”, invito missionario rivolto a ciascuno di noi!
San Francesco ama citare le parole di Gesù in questa paricope di Matteo quando, nella Regola non bollata (cap. II), deve descrivere i frati con le loro vesti di poco prezzo:
«Gli altri frati poi che hanno promesso obbedienza, abbiano una sola tonaca con il cappuccio e un’altra senza cappuccio, se sarà necessario, e il cingolo e le brache. E tutti i frati indossino vesti di poco prezzo e possano rappezzarle di sacco e di altre pezze con la benedizione di Dio, poiché dice il Signore nel Vangelo: «Quelli che indossano abiti preziosi e vivono tra le delizie e quelli che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re» (Mt 11,8). E anche se sono tacciati da ipocriti, tuttavia non cessino di fare il bene; né cerchino vesti preziose in questo mondo, perché possano avere una veste nel regno dei cieli» (FF 8).
Tommaso da Celano ama invece ripercorrere la serie dei segni dell’azione del Messia elencati da Matteo nel presentare quanto accade di prodigioso presso la tomba di Francesco d’Assisi ben prima della sua canonizzazione:
«Anche alla sua tomba è un continuo fiorire di nuovi miracoli e con la preghiera insistente si ottengono meravigliosi benefici spirituali e corporali: i ciechi recuperano la vista, i sordi l’udito, i muti la favella, gli storpi riprendono a camminare, il gottoso ritorna agile, il lebbroso viene mondato, l’idropico perde il suo gonfiore e altri sofferenti di varie infermità riacquistano la salute desiderata. Così quel corpo morto risana i corpi vivi, come da vivo risuscitava le anime morte! Queste meraviglie giungono all’orecchio del romano pontefice, primo di tutti i vescovi, guida dei cristiani, padrone del mondo, pastore della Chiesa, unto del Signore e vicario di Cristo. Se ne rallegra ed esulta, ne gioisce e se ne allieta, perché vede la Chiesa di Dio rinnovarsi nel suo tempo mediante nuovi misteri, ma simili alle meraviglie antiche, e proprio per opera del figlio suo, che si era portato nel seno, riscaldato nel grembo, allattato con la sua parola, educato con il cibo della salvezza» (Vita prima, 121 : FF 530).
«Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore (Mt 11,11) di quello [=Francesco], e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di Ordini religiosi. E’ una coincidenza degna di essere sottolineata» (Vita seconda, 3 : FF 583).
Antonio di Padova argomenta in modo arguto il dilemma di sempre: ma Giovanni il Battista ha davvero dubitato di Gesù Cristo facendo portare la sua domanda per mezzo dei suoi discepoli?
«“Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete” (Mt 11,4). Con queste parole viene distrutto l’errore degli eretici, i quali affermano che Giovanni è dannato, perché dubitò di Cristo quando disse: “Sei tu colui che ha da venire?”, e che, persistendo in quel dubbio, morì in carcere prima del ritorno dei discepoli che aveva mandato da Gesù. Diventi muta quella lingua maledetta! Mai Giovanni dubitò di Cristo, al quale rese testimonianza: “Ecco l’agnello di Dio!” (Gv 1,36). Invece per confermare nella fede a Cristo i suoi discepoli, li mandò ad interrogarlo affinché, vedendo i suoi miracoli, neppure loro avessero più alcun dubbio. Infatti il Signore non rispose direttamente all’interrogazione di Giovanni, ma per rassicurare il cuore dei suoi discepoli disse: “I ciechi vedono, gli zoppi camminano” (Mt 11,5), ecc. Dice Gregorio: “Giovanni non dubita che Cristo sia il redentore del mondo, ma domanda di sapere se colui che di persona era venuto nel mondo, sarebbe anche disceso di persona agli inferi”. E anche l’affermazione che fanno, che Giovanni sia morto prima del ritorno dei discepoli, risulta assolutamente falsa proprio dalle parole del santo Vangelo. O il Signore comandò ai discepoli una cosa impossibile, o gliene comandò una possibile, quando disse: “Andate e riferite…”. Mai il Signore comanda l’impossibile. Se Giovanni fosse morto in carcere prima che i discepoli ritornassero da lui, il Signore avrebbe comandato loro una cosa impossibile, quando disse: “Andate e riferite”. A chi avrebbero dovuto riferire? A un morto? No, di certo! È chiaro quindi che i discepoli trovarono Giovanni vivo e gli riferirono ciò che avevano udito e visto. Il Signore infatti comanda soltanto cose possibili. […] Fratelli carissimi, imploriamo il Signore nostro Gesù Cristo che ci preservi dall’essere canna sbattuta dal vento o uomini avvolti in morbide vesti; ci faccia invece abitare nel deserto della penitenza, poveri, casti e obbedienti. Ce lo conceda colui che è degno di lode, soave e amabile, Dio benedetto e beato nei secoli eterni. […] Alleluia!» (Sermone II Domenica di Avvento, 6; 20).
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