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domenica 28 aprile 2019

scrivi dunque le cose che hai visto - post per #bibbiafrancescana

Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù.
Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese.
Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro.
Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito». (Ap 1,9-11a.12-13.17-19)

2′ Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia – anno C – Viene a compimento l’Ottavo giorno durato tutta la prima settimana di Pasqua. La liturgia ci ha distribuito con sapienza giorno per giorno ogni pagina evangelica e biblica che potesse farci incontrare il Risorto attraverso la testimonianza di coloro che erano presenti ai fatti e di quelli convertiti dalla loro testimonianza. Tra questi ultimi quest’anno dobbiamo annoverare con umano dolore anche i martiri dello Sri Lanka di domenica scorsa.

Già in altre occasioni ci siamo soffermati sulla pagina evangelica proposta oggi (Gv 20,19-31): “…e ti scopri beato/a!”; “premessa del promesso”; “nostro fratello Tommaso”. Spostiamo pertanto la nostra attenzione sulla seconda lettura: un “estratto” liturgico di alcuni versetti del primo capitolo dell’Apocalisse.


Gesù Cristo, morto in croce e ora risorto, è l’unico sovrano degno di un tal nome (vv. 17.18) ed è il vero Signore della Chiesa, intesa nella configurazione concreta di ogni comunità locale (il personaggio «simile a figlio di uomo» in mezzo ai «sette candelabri»: vv. 12-13). In quanto tale, egli si assume il ruolo di interprete della storia consentendo ai credenti di affrontarla senza timore e con autentico spirito di fede.

La potenza di Dio agisce nell’esperienza dei credenti con la stessa logica con cui si è rivelata nella Pasqua di Cristo: apre situazioni, tormentate e ineluttabilmente chiuse, a orizzonti che superano i limiti tipicamente umani. Giovanni, quantunque segregato e forzatamente lontano dalle comunità che ama (v. 9), sperimenta una comunione inattesa con Dio (cf. v. 10) e diviene il portavoce autorevole del Signore per tutti i suoi fratelli («Scrivi»: vv. 11.19). L’appassionato legame di fede del credente con il Signore «vivo per sempre» (v. 18) e la sollecita cura per la comunione con i fratelli che condividono lo stesso vincolo di unità, sembrano i presupposti essenziali perché ogni esperienza umana possa venire trasfigurata dalla grazia della Pasqua, a vantaggio del singolo e dell’intera comunità.

Incuriosisce – ai nostri giorni – quel “nuovo comandamento”: “Scrivi dunque le cose che hai visto…!”. Forse che i moderni mezzi di comunicazione-web non sono uno spazio adatto per “scrivere” ciò che abbiamo visto e che vediamo/viviamo della nostra fede?… Ci può essere un uso più coraggioso e responsabile di questi media per annunciare/testimoniare la nostra fede nel Risorto?

Nella tradizione narrante delle Fonti Francescane emerge il riflesso di questi versetti dell’Apocalisse in un passaggio di una fonte minore, la Cronaca di fra Salimbene de Adam, interessante però per la sua testimonianza con i frati illustri della prima ora che videro sul corpo di Francesco i segni della passione… e risurrezione di Cristo:

«Credo con piena certezza che come il Figlio di Dio volle avere un amico tutto speciale da potere rendere simile a sé, e cioè il beato Francesco, così il diavolo con Ezzelino. Si dice, a riguardo del beato Francesco, che a uno Dio consegnò cinque talenti. Non c’è mai stato infatti nessuno al mondo, se non il solo Francesco, nel quale Cristo impresse le cinque piaghe perché´ fosse in tutto a lui somigliante. Mi ha raccontato frate Leone, che era suo compagno ed era presente, che quando si stava lavando il suo corpo per la sepoltura, sembrava veramente come un crocifisso deposto dalla croce. E perciò si possono applicare al beato Francesco le parole dell’Apocalisse, 1: Vidi uno simile al figlio dell’uomo. In che cosa sia stato simile a Cristo, poiché ne ho già scritto altrove…» (Salimbene de Adam, Cronaca, 10 : FF 2587).

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