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venerdì 31 luglio 2020

luogo deserto ma abitato da Dio, un po’ come talvolta i nostri cuori - post per bibbiafrancescana

In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. (Mt 14,13-21)

XVIII Domenica del Tempo Ordinario – anno A – La scena è comune ai quattro evangelisti (Matteo però, come Marco, riporta una seconda moltiplicazione dei pani: cf. Mt 15,32-39). Il racconto si formò certamente in una comunità di origine ebraica. Presenta infatti parecchi ricordi dell’Antico Testamento, come l’allusione alla manna (nel ricordo che «tutti mangiarono e furono saziati»: v. 20a; cf. Es 16,8.12) e a un miracolo di Eliseo (cf.2Re 4,42-44). In questo contesto le «dodici ceste» (v. 20b) richiamano il numero delle tribù di Israele.

domenica 26 luglio 2020

cose nuove e cose antiche - post per bibbiafrancescana

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». (Mt 13,44-52)

Domenica XVII del Tempo Ordinario – anno A – Nelle tre parabole narrate nel vangelo di oggi il regno di Dio è successivamente paragonato a un «tesoro» trovato in un campo (v. 44), alla persona che lo scopre (il «mercante»: v. 45), alla «rete piena di pesci» (v. 47). Il mistero del regno è infatti multiforme e complesso da descrivere. Le parabole del tesoro nel campo e del mercante di perle sono costruite con lo stesso schema e non sono seguite da alcuna spiegazione. All’inizio c’è la scoperta di un oggetto di valore, un «tesoro» o una «perla preziosa» (vv. 44a.46); lo scopritore si comporta poi nello stesso modo: decide di rinunciare a tutto pur di entrare in possesso del tesoro che ha trovato.

sabato 18 luglio 2020

seme, senape, lievito: nelle cose piccole e trascurabili, il Vangelo parla - post per bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?. Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo! E i servi gli dissero: Vuoi che andiamo a raccoglierla?. No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!» (Mt 13,24-43).

Domenica XVI tempo ordinario – anno A – Gesù parla ancora una volta in parabole, affidando l’insegnamento sul regno di Dio alle immagini semplici desunte dalla vita agricola e familiare. Come per l’immagine del seme e del seminatore (cf. vangelo di domenica scorsa), alla parabola della zizzania (riportata solo da Matteo), segue una spiegazione da parte di Gesù stesso. Tra il racconto (vv. 24-30) e la sua spiegazione (vv. 36-43), l’evangelista situa altri due insegnamenti del Signore in forma parabolica (vv. 31-33) e un nuovo chiarimento sul motivo del parlare in parabole (vv. 34¬35).

domenica 7 giugno 2020

misura smisurata di salvezza - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio». (Gv 3,16-18)

Domenica della Santissima trinità – anno A – La solennità propone un insieme di letture (Es 34,4b-6.8-9; Dn 3,52-56; 2Cor 13,11-13; Gv 3,16-18) che cercano di offrire uno sguardo sul mistero della Santissima Trinità. La pagina evangelica propone un frammento molto breve tratto dal dialogo notturno di Gesù con Nicodemo: alla prima parte dialogica (cf. Gv 3,1-15) segue una meditazione sull’amore di Dio che si rivela e si comunica nel dono del suo Figlio unico (v. 16a). Lo scopo del dono e dell’invio del Figlio è la «vita piena» (v. 16b) o la salvezza offerta a tutti gli uomini (v. 17). La condizione richiesta è la fede come libera accoglienza dell’inviato del Padre (v. 18).

Nelle tre dichiarazioni che compongono il brano, l’evangelista sottolinea l’iniziativa radicale di Dio. Il suo dono irreversibile ha il volto di Gesù, il «Figlio unico» di Dio. Destinatario di questo dono è il «mondo» (vv. 16.17), cioè tutti gli esseri umani senza privilegi e distinzioni. La libera comunicazione dell’amore di Dio è una sfida permanente alla libertà umana che può accoglierlo o rifiutarlo. Nell’apertura o chiusura all’amore rivelato e donato da Dio si giocano la vita e la morte dell’essere umano.

La Parola fa scoprire che la rivelazione di Dio come amore non è una teoria sul senso dell’universo o della storia umana. La Trinità non è un postulato teorico della dottrina cristiana, ma la rivelazione dell’amore del Padre per mezzo del Figlio, comunicato interiormente dallo Spirito Santo. Questa realtà sta all’origine di uno stile di vita e di relazioni plasmate dall’amore.

sabato 2 maggio 2020

Che fine ha fatto l'umiltà profonda? - Spigolature sulla "Preghiera davanti al Crocifisso" di san Francesco d'Assisi


Capita che un giorno qualcuno ti scriva:
«Ciao! Scusa se approfitto delle tue conoscenze. Ho notato che nell'edizione del 2011 delle Fonti Francescane nella preghiera davanti al Crocifisso, non c'è più il versetto: "humiltà profonda", che, tra l'altro, mi piaceva perché di umiltà ne ho bisogno... Sai come mai e quale potrebbe essere la versione più giusta? Grazie!»
Inizia così - con non poca sorpresa per chi scrive! - una piccola ricerca su un dettaglio che (confesso) avevo trascurato in tutti questi anni di frequentazione delle Fonti Francescane e degli Scritti di Francesco.

Che fine ha fatto l'umiltà? Oppure - più propriamente - ci sta o non ci sta? 
Come sempre una buona biblioteca di Convento aiuta anche in tempo di Covid-19, quando le Biblioteche con la B maiuscola sono irraggiungibili. 

sabato 25 gennaio 2020

liminalità - articolo per #bibbiafrancescana

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, / sulla via del mare, oltre il Giordano, / Galilea delle genti! [...]». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, [...] Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. (Mt 4,12 ss)

Terza domenica del Tempo Ordinario, anno A – Il vangelo di questa domenica comunica tante cose. Tra queste, la geografia dello Spirito, o lo Spirito nella geografia. La Galilea è una regione più tranquilla perché lontana dal centro di potere, da Gerusalemme: è la terra scelta da Gesù come luogo della prima fase della sua attività. Secondo le narrazioni di Matteo e Marco è la carcerazione del Battista a determinare questo spostamento geografico di Gesù: ma per il primo evangelista – Mt – questa scelta assume anche un significato teologico, perché rappresenta il compimento di una profezia di Isaia. Da una parte i Giudei consideravano assurda una manifestazione del Messia nella Galilea (come ricorda Gv 7,40-52). Invece Gesù sorprende iniziando il suo ministero proprio in Galilea, una regione abitata da ebrei e pagani. La scelta gli resterà attaccata per sempre: nelle ore drammatiche a Gerusalemme – alcuni anni dopo – Gesù è “il Galileo”: «Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: “Anche tu eri con Gesù, il Galileo!”» (Mt 26,69).


sabato 18 gennaio 2020

io non lo conoscevo - articolo per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse:
«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto:
“Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”.
Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua,
perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo:
«Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui.
Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse:
“Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito,
è lui che battezza nello Spirito Santo”.
E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1,29-34)

15 gennaio – 2′ domenica del tempo ordinario, anno A – Tutti i quattro evangelisti raccontano l’episodio del battesimo di Gesù. Ma mentre “i sinottici” – Matteo 3,13ss, Marco 1,12ss e Luca 4,1ss - narrano come si svolge la vicenda come spettatori esterni (non senza varianti significative), l’evangelista Giovanni usa un espediente narrativo tutto suo.

Infatti il protagonista di questo racconto è Giovanni il battezzatore, è lui l’ “io” narrante. Lo era già da alcuni versetti antecedenti (1,19-28) quelli offertici dalla liturgia di questa domenica (vv. 29-34), quando risponde agli inviati dei Giudei.