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domenica 30 settembre 2018

chirurgia spirituale - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue» (Mc 9,38-43.45.47-48).

Domenica XXVI del tempo ordinario – anno B - Marco riassume qui alcune sentenze di Gesù. Vuole insegnarci alcune norme pratiche di comportamento: la tolleranza verso tutti; il vivere nella carità senza scandalizzare nessuno; la sequela radicale, a costo di qualunque distacco. Probabilmente abbiamo qui l’eco di problemi che i primi cristiani si sono posti in circostanze simili. Bisogna esser capaci di distinguere i veri inviati. Una cosa è il tentare di estorcere un potere (come ha voluto fare ad esempio Simon Mago in Atti 8,9-24) e un’altra cosa è invece agire in nome di Gesù in quanto suo inviato. È interessante mettere questa parola a confronto con un’altra che la completa. In Luca 11,23 Gesù dice (al singolare): «Chi non è con me, è contro di me». Si pone in una prospettiva dove si difende personalmente dall’accusa di agire con il potere di Satana. Lo scopo di Marco è diverso. Considera qui la vita della Chiesa e sottolinea che i Dodici sono responsabili della sua coesione. Anche le formule «per noi», «contro di noi» riconoscono ai Dodici la qualifica di essere, come il Cristo e in suo nome, quelli che assicurano l’unità della Chiesa.

«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa»… «La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rm 12,9-10). La carità-amore come segno di appartenenza a Cristo, per chi la fa in Cristo e per chi la riceve in Cristo…

giovedì 27 settembre 2018

dove sono stato - geo map

la mappa mondiale dell'atlante allegata al "Liber secretorum fidelium Crucis" di Marino Sanudo. 
Lo manda in Vaticano nel 1321 ed è ancora lì come MS. I.V.A. Lat. 2972 presso la Biblioteca Vaticana. 
Probabilmente fu disegnato da Pietro Vesconte nel 1320.

Un pro memoria dei viaggi di fav...

mercoledì 26 settembre 2018

appunti sulla povertà evangelica e francescana

Un incontro con le sorelle Monache clarisse di Montagnana in avvio della novena di san Francesco 2018.

Tema: la povertà evangelica e francescana.

Materiali pdf e mp3 QUI.

Pax et bonum, fav

domenica 23 settembre 2018

silenzi imbarazzanti - post per #bibbiafrancescana

“In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»” (Mc 9,30-37).

Domenica XXV del Tempo Ordinario – anno B - Gesù riconosciuto come Messia sale a Gerusalemme. I discepoli cominciano ad immaginare un maestoso ingresso del re inviato da Dio nella sua capitale: il trionfo di Cristo sarà anche il loro trionfo! Gesù spiega loro per la seconda volta che cammina verso la sua morte. Essi non comprendono. Si preparano allora discutendo di precedenze…: chi è il più grande?

Il breve passo sembra composto da due frammenti: 1. il secondo annunzio della Passione (9,30-32); 2. un insegnamento di Gesù sulla vera grandezza, a proposito di una disputa sorta tra i discepoli (9,33-35). In realtà, come si è già capitato in 8,31, abbiamo la solita struttura, che ritorna tre volte: a. annunzio della Passione (9,30-31); b. incomprensione dei discepoli (9,32); c. insegnamento di Gesù sul modo di seguirlo (9,33-35). A differenza di Giovanni, il quale suppone parecchi viaggi di Gesù tra la Galilea e la Giudea, gli evangelisti sinottici ricordano una sola andata a Gerusalemme, quella che conduce Gesù verso il suo sacrificio. Appunto nel corso di questa salita annunzia per tre volte la sorte tragica che gli è riservata. La rapida traversata della Galilea, durante la quale Gesù evita di farsi riconoscere, corrisponde alla prima fase del viaggio verso Gerusalemme.

Marco, sotto l’influsso della più costante predicazione pasquale (Atti 2,23-24; ecc.), all’annunzio drammatico della morte aggiunge quello della risurrezione. Ma Gesù è consegnato dagli uomini o da Dio? In Marco, di solito, è Giuda che consegna Gesù ai suoi nemici: 3,19; 14,10.11.18.21.42.44. Sono anche i sommi sacerdoti che lo consegnano a Pilato: 15,1; oppure Pilato che consegna Gesù ai carnefici: 15,15. Ma il verbo al passivo può anche essere un modo, ben noto negli ambienti ebrei dell’epoca, di ricordare Dio senza nominarlo, per rispetto. Gesù ha visto attuarsi nella sua Passione il disegno del Padre, che l’abbandona nelle mani degli uomini: «Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi» (Lettera ai Romani 8,32).

domenica 16 settembre 2018

identità cruciali - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,27-35).

Domenica XIV del tempo ordinario – anno B - L’essenziale del messaggio evangelico è di rivelare che in Gesù di Nazaret abbiamo il Salvatore promesso da Dio. Di conseguenza la scena in cui Pietro, primo fra tutti i cristiani, proclama pubblicamente, per convinzione personale e in nostro nome, che Gesù è il Messia, è una pagina centrale del vangelo; nei capitoli precedenti a poco a poco Marco ha posto la domanda: « Chi è Gesù?». A partire dalla proclamazione di Pietro a Cesarea, il seguito del vangelo insegnerà quale via Dio traccia al Messia e a quelli che credono in lui. Anche strutturalmente, siamo esattamente a metà della narrazione di Marco che è in 16 capitoli. Gesù affronta un lungo cammino fino a quando riesce a ottenere da Pietro un primo atto di fede. La seconda tappa sarà ancor più dura: gli occorrerà far accettare la sua vera missione messianica attraverso la propria morte e risurrezione.

Con la sua risposta Pietro identifica Gesù con qualcuno che è essenziale nella storia di Israele, colui nel quale Dio compie un intervento decisivo in favore del suo popolo. I cristiani mettono spontaneamente nella dichiarazione di Pietro un riconoscimento della divinità di Gesù. Marco non afferma tanto. Dice soltanto — ma è già moltissimo! — che il Dio Salvatore è all’opera in modo unico nella persona e nel-la missione di Gesù. Il nostro titolo di Messia, ricalcato sulla parola ebraica Mashiah, viene tradotto in greco con il termine equivalente Christós, da cui deriva l’italiano Cristo. Questo titolo si applicava originariamente al re consacrato con l’unzione in vista di una responsabilità contemporaneamente politica e religiosa. Sotto la forma di Christós, che è quella usata da Marco, poiché scrive in greco (vedi 1,1), questo titolo diventerà ben presto (vedi Paolo, fin dalle sue prime lettere) il nome abituale, si sarebbe tentati di dire il soprannome, di Gesù risorto. Attribuendo questa risposta a Pietro (e tutto il vangelo ci dice che era appunto Pietro colui che prendeva l’iniziativa nei momenti decisivi) Marco suggerisce il primato di Pietro, che Matteo sottolineerà con molta forza a proposito dell’identico episodio (16,18). La parola Christós è usata soltanto cinque volte da Marco, ma sempre in momenti importanti: 1,1; 8,29; 12,35; 14,61; 15,32.

domenica 9 settembre 2018

ascolti - post di fav per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!» (Mc 7,31-37)

Domenica XXIII del Tempo ordinario – anno B – Nella narrazione marciana Gesù si trova in un territorio pagano. Dove ha già liberato dal demonio una bambina, Gesù guarisce ora un sordomuto. E le folle proclamano che egli adempie le profezie che annunziano come il Messia farà udire i sordi e parlare i muti. La comunità dei credenti nel risorto è dunque chiamata a lasciarsi continuamente aprire le orecchie e reimparare ad ascoltare, allo scopo di poter proclamare la Parola che libera.

E’ questo un racconto esclusivo di Marco. Come nel passo precedente, Gesù guarisce un pagano: ora si tratta di  un sordomuto. Un po’ più avanti (8,22-26) guarirà un cieco. In queste guarigioni si percepisce un insegnamento sempre attuale: Gesù guarisce ancora: le orecchie dei sordi si aprono per sentire la parola di Dio; il muto può parlare per confessare la sua fede; il cieco potrà riconoscere l’inviato di Dio.

E la dinamica è importante: non può parlare chi non ascolta; con l’ascolto poi arriva la parola. Dunque il primato è nell’ascolto, come da sempre nella rivelazione: “Shemà Israel!”, Ascolta Israele (Dt 6,4).

Si è sordi per incapacità di percepire suoni… ma è sordo pure chi è immerso nel rumore o frastuono: non è capace di distinguere nulla. Oggi più che mai necessitano luoghi e tempi e spazi di “silenzio” esteriore e interiore, lontani dal frastuono di sollecitazioni multimediali che ormai avvolgono la nostra quotidianità. Altrimenti… non si ha più nulla da dire!, ammutoliti da tale particolare sordità.

lunedì 3 settembre 2018

fav per MFFF - Pellegrinaggio ad Assisi, san Francesco e la fraternità


Il 31/08-02/09/2018 il Movimento Fraternità Familiari Francescane di Camposampiero ha organizzato un pellegrinaggio ad Assisi per le famiglie interessate a condividere un tempo di svago e di riflessione e preghiera.

Fav ha condiviso due momenti di approfondimento:
  • Fraternità... perché c'è un Padre!
  • Da un Padre... ci si scopre fratelli e sorelle!
QUI sono disponibili le due schede in PDF e i due file mp3.




domenica 2 settembre 2018

dal “bon ton” alla “buona novella” - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». […]
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». [...] E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,1-8.14-15.21-23).

Domenica 22ma del Tempo Ordinario – anno B – Torna nelle domeniche dell’anno B il vangelo di Marco, dopo la lunga sezione di domeniche caratterizzate dalla proposta del vangelo di Giovanni sul tema del pane. Dopo aver guarito le folle, Gesù è di nuovo fatto segno di contrarietà da parte delle autorità religiose. Gli viene rimproverata in questo caso l’impurità rituale dei suoi discepoli: prendono cibo senza essersi prima lavate le mani. Gesù si erge contro la considerazione di una purità meramente esteriore: essa è senza vita; può perfino camuffare la vera impurità, quella che sgorga dal cuore dell’uomo. Di fronte a una pratica, secondo la quale le osservanze esteriori sono diventate l’essenziale, Gesù insegna quello che ai suoi occhi è davvero puro.

Non è dunque questione di “galateo” o di “bon ton”, ma la possibilità di far emergere nella sua freschezza dirompente la “buona notizia” eu-vangelion della proposta “liberante nell’essenziale” di Cristo.

Qui non si tratta solo di una discussione su minuzie o di un problema di “dosaggio” tra i comandamenti di Dio e la loro interpretazione umana. Il vero problema è quello che pone al cristianesimo nascente il contatto con i pagani e la loro accoglienza nella comunità cristiana. Bisogna imporre ad essi le prescrizioni del mondo ebraico? La questione viene sollevata in Atti 15 in seguito alla prima missione apostolica di Paolo; essa sarà risolta soltanto a un livello più profondo: come si ottiene la salvezza? Mediante l’integrazione alla religione ebraica e l’osservanza di tutti i precetti, o piuttosto mediante la fede in Gesù Cristo?