In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova:
«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose:
«“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore,
con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”.
Questo è il grande e primo comandamento.
Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22,34-40).
Domenica XXX del Tempo ordinario – anno A – Nel vangelo di Matteo questi versetti fanno parte di una sezione più ampia di racconti di conflitti di Gesù con i suoi avversari; in Marco e Luca il carattere polemico è meno accentuato. L’originalità di questo sommario evangelico della legge non sta nelle idee dell’amore di Dio e del prossimo, già ben note nel primo testamento (Levitico 19,18 e Deuteronomio 6,5), ma nel fatto che Gesù li unisce insieme dando loro la stessa importanza e soprattutto nella semplificazione e concentrazione di tutta la Legge in questi due comandamenti. Un “distillato” di sapienza biblica in confronto ai 613 precetti della Torah!
Gesù smaschera innanzitutto l’atteggiamento dei farisei che cercavano la loro sicurezza non in Dio, ma nell’osservanza rigorosa della Legge, avendo fiducia più nelle azioni che essi facevano per Dio che in ciò che Dio faceva per loro. E poi Gesù presenta un itinerario-cammino in progressione: la richiesta di un amore dell’uomo verso Dio, compito inesauribile, come indicato dall’uso della formula: Amerai. Questa forma verbale, oltre al valore dell’imperativo associa anche l’idea di progressività, di incompiutezza. C’è sempre un futuro in questo comandamento, un nuovo futuro. L’amore è un compimento che non ha mai fine, ma trova nuove strade, nuove realizzazioni, nuove espressioni.