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venerdì 29 settembre 2017

san Michele e compagni, angeli! - articolo per #bibbiafrancescana

«Benedite, angeli del Signore, il Signore, / lodatelo ed esaltatelo nei secoli. // Benedite, cieli, il Signore, / lodatelo ed esaltatelo nei secoli» (Dn 3,58-59).

«Sì, mio rifugio sei tu, o Signore!”. / Tu hai fatto dell’Altissimo la tua dimora: / non ti potrà colpire la sventura, / nessun colpo cadrà sulla tua tenda. / Egli per te darà ordine ai suoi angeli / di custodirti in tutte le tue vie. /  Sulle mani essi ti porteranno, / perché il tuo piede non inciampi nella pietra» (Sal 91,9-12)

«Benedite il Signore, angeli suoi, / potenti esecutori dei suoi comandi, / attenti alla voce della sua parola» (Sal 103,20).

«Lodate il Signore dai cieli, / lodatelo nell’alto dei cieli. / Lodatelo, voi tutti, suoi angeli, / lodatelo, voi tutte, sue schiere» (Sal 148,1-2)

Ci racconta frate Leone che «Il beato Francesco due anni prima della sua morte fece nel ‘‘luogo’’ della Verna una quaresima a onore della beata Vergine Madre di Dio e del beato Michele Arcangelo, dalla festa dell’Assunzione di santa Maria Vergine fino alla festa di san Michele di settembre; e scese su di lui la mano del Signore: dopo la visione e le parole del Serafino e l’impressione delle stimmate di Cristo nel suo corpo, [...] Il beato Francesco scrisse di sua mano questa benedizione a me, frate Leone: “Il Signore ti benedica e ti custodisca; mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga il suo volto verso di te e ti dia pace. Il Signore benedica te, frate LeTone”» (con un bel T di tau benedicente in mezzo al nome di Leone!).

Francesco credeva veramente nell’esistenza degli angeli. Del resto erano presenti nella Parola di Dio, li trovava nei Salmi che pregava: perché dubitare della Scrittura?

domenica 24 settembre 2017

uno per tutti, tutti per Uno - articolo per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna.
Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono.
Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.
Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più.
Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». (Mt 20,1-16)

Domenica XXV del tempo ordinario – anno A – Ma che modo è mai di ragionare e comportarsi questo? Perché tanta ingiustizia nella retribuzione? Lasciato lo sconcerto (che indigna, ma che incuriosisce…), procediamo con calma…

Questo brano ci pone all’interno della sezione del Vangelo di Matteo, che precede direttamente i racconti della passione, morte e risurrezione di Gesù. Questa sezione inizia in 19,1, dove si dice che Gesù lascia definitivamente il territorio della Galilea per recarsi nella Giudea, dando inizio al suo cammino di avvicinamento a Gerusalemme e si conclude in 25,46, col quadro sulla venuta e il giudizio del Figlio di Dio.

La parabola della discordia segue le rassicurazioni che Gesù aveva dato alla richiesta di Pietro: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?» (Mt 19, 27). Il maestro aveva proposto scenari inattesi: «…quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele» (19,28). E ancora aveva parlato del ‘centuplo’ e della ‘vita eterna’. Il passo si concludeva però con una affermazione un po’ strana rispetto al discorso precedente: «Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (19,30). Si tratta di una frase quasi identica a quella che conclude questa parabola degli operai nella vigna: «Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi». Anzi, speculare! Rovesciamenti di prospettiva in vista, dunque!

lunedì 18 settembre 2017

quattrocentonovanta - articolo per bibbiafrancescana

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse:
«Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi.
Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti.
Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito.
Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”.
Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari.
Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”.
Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”.
Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto.
Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello» (Mt 18,21-35)

Domenica XXIV del tempo ordinario – anno A – Quanti di noi, imparate le moltiplicazioni a scuola, non si sono trovati a risolvere l’enigma del perdono presentato da questo episodio del Vangelo? Trovandosi a ronzare nella testa questo curioso “quattrocentonovanta”. Le catechiste o i parroci a spiegarci che era un modo di dire: “sempre!”. Altre bibbie (TOB) a informarci che in alcuni manoscritti la tradizione consegnata era persino “settantasette volte sette volte”, sconfinando così in un cinquecentotrentanove volte l’obbligo di perdonare il “fratello che commette colpe contro di me”.

lunedì 11 settembre 2017

da Dio-con-noi a Dio-tra-noi - articolo per bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.
Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà.
Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». (Mt 18,15-20)

Domenica XXIII del tempo ordinario, anno A – Realismo, ostinazione, urgenza. Tre idee nascoste (tra tante altre, immagino) in queste righe di vangelo.

domenica 3 settembre 2017

questione di posizioni. questione di identità. - articolo per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo:
«Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai».
Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?
O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni» (Mt 16,21-28).

Domenica XXII del tempo ordinario – anno A – Questione di posizioni. Questione di identità. Questione di sequela. La narrazione matteana mette bene in risalto il contrasto in pochi versetti: dalla “fede e missione di Pietro” (16,13-20) al primo sconcertante annuncio della morte e risurrezione (vv. 21-28), in chiusa del cap. 16 e a prologo dell’evento della trasfigurazione (17,1-13).

“Dove stare?” Il posto del discepolo è “dietro” il Maestro. Non davanti, non “in disparte”. Eppure Pietro ha buon cuore (e forse anche tanta paura!): «Dio non voglia, Signore: questo non ti accadrà mai!». Pietro cominciò a rimproverare Gesù. Gesù comincia a rivelarsi apertamente, e Pietro a ribellarsi duramente-affettuosamente. Ma «rimproverare» in greco è la stessa parola che indica quanto Gesù fa con i demoni. È quanto Pietro fa con Gesù. Chi evita questo scontro, non capirà mai il pensiero di Dio. Lo scontro può essere evitato in buona o in malafede, per inavvertenza e cecità. Ma prima o poi il proprio “scontro personale” con Dio non verrà meno… Pietro prende Gesù in disparte per rimproverarlo: gli vuole bene, e non vuole umiliarlo davanti agli altri! Si sente comunque in dovere, per il suo affetto, di riprenderlo. Certe cose non si dicono neanche per scherzo! Che ne è del Cristo e del Dio vivente se è un perdente! È bestemmiare contro (ciò che Pietro pensa essere) la Gloria.