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domenica 16 luglio 2017

previsioni meteo-spirituali - articolo per #bibbiafrancescana

«[Cercate il Signore, mentre si fa trovare, / invocatelo, mentre è vicino. / L’empio abbandoni la sua via / e l’uomo iniquo i suoi pensieri; / ritorni al Signore che avrà misericordia di lui / e al nostro Dio che largamente perdona. /
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, / le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. / Quanto il cielo sovrasta la terra, / tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, / i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.]
Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo / e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, / senza averla fecondata e fatta germogliare, / perché dia il seme a chi semina / e il pane a chi mangia, / così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: / non ritornerà a me senza effetto, / senza aver operato ciò che desidero / e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55 6-11).

Domenica 15′ del tempo ordinario, anno A - Nella seconda parte del libro di Isaia (Deuteroisaia) (Is 40-55) si preannunzia e si prepara il ritorno dei giudei esiliati in Babilonia nella loro terra (538 a.C.). La sezione inizia con l’evocazione di una grande strada che si apre nel deserto, lungo la quale gli esuli si incamminano sotto la guida di Dio (Is 40), e termina con un poema nel quale si riafferma la fedeltà di Dio che porterà a compimento tutte le sue promesse (Is 55). Quest’ultimo capitolo si divide in tre parti: 1) il rinnovamento dell’alleanza davidica (vv. 1-5); 2) L’efficacia della parola di JHWH (vv. 6-11); 3) Rinnovamento di tutte le cose (vv. 12-13).

La parola ebraica majîm, “acqua”, risuona 580 volte nell’Antico Testamento, come l’equivalente greco hydôr ritorna 76 volte nel Nuovo Testamento. Circa 1.500 versetti dell’Antico e oltre 430 del Nuovo Testamento sono “intrisi” d’acqua perché – oltre ai vocaboli citati – c’è una vera e propria costellazione di realtà che ruotano attorno a questo elemento vitale, a partire dal mare che spesso ha connotati negativi, quasi fosse simbolo del caos che attenta al creato, passando attraverso le piogge (che in ebraico hanno nomi diversi secondo le stagioni!), le sorgenti, i fiumi, i torrenti, i canali, i pozzi, le cisterne, la neve e così via. Secondo la scienza, il pianeta terra è per circa il 70% coperto di acque, il corpo umano è composto di acqua per circa il 70%: ogni persona ha in sé tanta acqua fonte di vita quanta è in proporzione quella sulla superficie del pianeta che le è dato di abitare!



Gli eventi naturali della pioggia e della neve che cadono producendo l’effetto di irrigare la terra e renderla fruttuosa offrono al profeta Isaia lo spunto per parlare dell’incontrastabile efficacia della Parola divina. L’acqua, unita alla neve, diventa un segno della Parola di Dio senza la quale l’esistenza umana si tramuta in un deserto sterile. Ciò che il profeta vuole marcare è soprattutto la fecondità e l’efficacia di questa Parola, comparata al tipico processo naturale della pioggia, dell’evaporazione, delle nubi e della nuova pioggia. È un ciclo vitale che trasforma la nostra vicenda umana quasi in una parola divina capace, a sua volta, di rendere fertili altri ambiti della storia.

La metafora proposta dal profeta Isaia ci rende attenti a prendere sul serio la parola del Signore, poiché la sua efficace parola è in grado di produrre veri, duraturi, profondi benefici in chi l’accoglie. Ha effetti trasformanti nella vita di coloro che lo seguono. Dio non ci ha lasciati senza una valida speranza di fronte alle nostre perplessità umane. Ha preso l’iniziativa, e nella persona di Gesù si è rivelato: è venuto a parlarci toccando l’essenza della nostra umanità. La parola di Dio si è fatta carne nella persona di Gesù.

La Parola è acqua; la Parola che è Cristo diventerà per noi anche “seme” capace di morire per portare frutto (Gv 12,24ss). A noi la vigilanza per essere terra accogliente sia per l’acqua che per il seme (Mt 13,1-23).

BibbiaFrancescana non manca di segnalarci interessanti risonanze di questo frammento di Isaia all’interno dell’esperienza di san Francesco:

«…Affinché non tornasse infeconda a Dio la parola che Dio stesso poneva nella bocca di Francesco per utilità dei fratelli, quest’ultimo voleva anzitutto farla fruttare in se stesso, e così ottenerne la ricompensa divina. E alla fine in questo il suo spirito trovava quiete e consolazione» (Compilazione di Assisi, 102 : FF 1643)

«Le parole di Francesco conservavano tutta la loro efficacia non solo se pronunciate direttamente, ma anche se trasmesse per mezzo di altri non ritornano senza frutto. Arrivò un giorno ad Arezzo, mentre tutta la città era scossa dalla guerra civile e minacciava prossima la sua rovina. Il servo di Dio venne ospitato nel borgo fuori città, e vide sopra di essa demoni esultanti che rinfocolavano i cittadini a distruggersi fra di loro. Chiamò frate Silvestro, uomo di Dio e di ragguardevole semplicità, e gli comandò: «Va’ alla porta della città e da parte di Dio onnipotente comanda ai demoni che quanto prima escano dalla città». Il frate pio e semplice si affrettò a obbedire e, dopo essersi rivolto a Dio con inno di lode, grida davanti alla porta a gran voce: «Da parte di Dio e per ordine del nostro padre Francesco, andate lontano di qui, voi tutti demoni!». La città poco dopo ritrovò la pace e i cittadini rispettarono i vicendevoli diritti civili con grande tranquillità. Più tardi, parlando loro, Francesco all’inizio della predicazione disse: «Parlo a voi come a persone un tempo soggiogate e schiave dei demoni. Però so che siete stati liberati per le preghiere di un povero» (Vita seconda, 108 : FF 695).

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