Pagine

domenica 25 giugno 2017

Plurale singolare

Una piccola riflessione che mi è stata chiesta per il volumetto preparato in occasione della chiusura della presenza dei fati minori conventuali nella Parrocchia Sacro Cuore di Mestre: «...e vi doni la Sua pace». I frati salutano la parrocchia del Sacro Cuore, pro-manuscripto, Mestre 2017, pp. 25-26.


- o -

Plurale singolare

Sembra un ossimoro, ma dopo tanti anni mi piace sintetizzare così l’esperienza di vita e di fede vissuta a Mestre nella Parrocchia del Sacro Cuore e nel suo convento francescano.

È “singolare” il fatto che la mia percezione di Chiesa e di fede per moltissimi anni (diciamo fino a 21 anni) sia rimasta confinata in una forma che davo per scontata e unica, ossia quella di una Parrocchia retta da una comunità religiosa francescana. Era la mia esperienza: e un’esperienza tanto coinvolgente che non mi provocava nemmeno ad uno sguardo all’infuori. Sguardo che probabilmente mi avrebbe fatto capire prima che – in genere – una comunità parrocchiale non è normalmente affidata ad una comunità religiosa. Oggi a 48 anni (di cui già 25 vissuti in convento) posso dire serenamente che una parrocchia affidata a religiosi non è né meglio né peggio di una parrocchia animata dal clero secolare: ciò che fa la differenza è – nell’uno e nell’altro caso – quanto spazio sia dato allo Spirito santo… per essere il vero animatore della comunità.

amplificatori di speranza - articolo per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto.
Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima;
abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo?
Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro.
Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati.
Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,26-33)

Domenica XII del tempo ordinario – anno A – Non temete! È la parola chiave che, ripetuta tre volte, conferisce unità al brano. Probabilmente è una unità letteraria che raccoglie quattro detti isolati. La fede esige come disposizione di fondo di non temere. Le tematiche che emergono: proclamazione pubblica del vangelo, (vv. 26-27), la disponibilità ad affrontare il martirio sacrificando la vita fisica per giungere alla vita eterna (v. 28), immagini di fiducia nella provvidenza (vv. 29-31), la professione coraggiosa della fede in Cristo (vv.32-33). Di efficacia notevole le contrapposizioni: velato / svelato, nascosto / conosciuto, tenebre / luce, corpo / anima, riconoscere / rinnegare… che evidenziano le sponde della vita evangelicamente vissuta. I veli della conoscenza si aprono alla luce e sui tetti dell’universo la parola udita nel segreto corre. Tutto dell’uomo è presente al cuore di Dio, e se le creature della terra destano tenerezza quanto più la vita di una creatura-figlio. L’appartenenza fa la differenza nella testimonianza. Non può rinnegare le proprie radici paterne chi vive la figliolanza divina! (cf. ocarm.org)

sabato 24 giugno 2017

8 anni

Otto anni di servizio per la Facoltà Teologica del Triveneto - FTTR e per la Chiesa Triveneta.

Grazie per la grande esperienza maturata e per la fiducia accordata.

«Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!» (Gb 1,21b).



domenica 18 giugno 2017

un solo pane, un solo corpo - articolo per #bibbiafrancescana

Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo,
non è forse comunione con il sangue di Cristo?
E il pane che noi spezziamo,
non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo:
tutti infatti partecipiamo all’unico pane.
(1Cor 10,16-17)

«E perciò lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli,  è lui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore» (san Francesco, Ammonizioni, I : FF 143).

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO A) – Nella prima lettera ai Corinti Paolo affronta alcune questioni che nella vivace comunità di Corinto provocavano non poche difficoltà. Una di queste era il mangiare o meno le carni degli animali che erano stati offerti agli dei pagani e che poi venivano poste in vendita al mercato. Il principio che offre Paolo è quello della comunione. Chi mangia la carne sacrificata agli idoli entra in comunione con essi e con chi offre loro i sacrifici. Chi invece mangia la carne e il sangue di Cristo entra in comunione con Lui e con tutti coloro che mangiano insieme. Così risolvendo un problema della comunità di Corinto Paolo ci ha lasciato una delle più belle descrizioni dell’Eucarestia.

Paolo ci offre una chiave di interpretazione originale e molto importante. L’unico pane di cui mangiano i credenti, cioè l’unico corpo di Cristo, li mette in una condivisione tanto stretta che essi possono sentirsi un solo corpo. Questo corpo è la Chiesa. La Chiesa è un corpo unico armonizzato nelle sue diverse parti (confronta la celebre pagina di 1Cor 12,12-26), non tanto perché le sue parti sono solidali le une con le altre, ma perché esse compongono il corpo di Cristo. La comunità cristiana è il luogo in cui il Signore si manifesta e aggrega a sé nuovi membri.

domenica 11 giugno 2017

fede in 3d - articolo per #bibbiafrancescana

«Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda,
abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.
Salutatevi a vicenda con il bacio santo.
Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo,
l’amore di Dio
e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi»
(2Cor 13,11-13)

“Padre, fedele e misericordioso, che ci hai rivelato il mistero della tua vita donandoci il Figlio unigenito e lo Spirito di amore, sostieni la nostra fede e ispiraci sentimenti di pace e di speranza, perché riuniti nella comunione della tua Chiesa benediciamo il tuo nome glorioso e santo” (Colletta bis della solennità).

Domenica 11 giugno, Solennità della Santissima Trinità – Paolo chiude la sua seconda lettera ai Corinzi, chiamandoli “fratelli” e non “discepoli”, perché è la dimensione della fraternità davanti all’unico Dio-Padre quella che Paolo predilige. Li invita alla gioia; li invita alla perfezione; li esorta ad un mutuo coraggio e alla condivisione dei sentimenti; auspica per loro la pace, perché così “il Dio dell’amore e della pace sarà con voi”. Un insieme di inviti ed esortazioni che definiscono un “gruppo” di credenti che si distingue dall’ambiente pagano: anche il “bacio santo” è una forma di saluto praticato nelle prime assemblee cristiane (1Pt 5,14; 1Cor 16,20; Rm 16,16; 1Ts 5,26) che segna la nuova fratellanza in Dio tra padroni e schiavi, ebrei e greci, uomini e donne. Sono questi “tutti i santi” (ossia i battezzati) che salutano con Paolo la comunità lontana di Corinto… e attraverso la lettera pervenutaci, salutano tutti noi “santi” di oggi!

La lettera termina con una formula che nasce in ambiente liturgico antico e raggiunge pure noi oggi nelle nostre liturgie, nei saluti iniziali o come dossologia prima delle benedizioni. E’ già una (antichissima) professione di fede nella Trinità. “La grazie del Signore Gesù Cristo”: egli è il Signore del mondo e può far grazia ai suoi sudditi; “l’amore di Dio”: l’essenza di Dio è la carità; “la comunione dello Spirito Santo” che ha chiamato il cristiano dalla morte alla vita e continua a muoverlo nel suo impegno di evangelizzazione.

domenica 4 giugno 2017

premessa del promesso - articolo per #bibbiafrancescana

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro:
«Pace a voi!».
Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco.
E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo.
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,19-23)

Domenica di Pentecoste, anno A – Nel vangelo di Giovanni, il primo incontro tra Gesù Risorto ed i suoi discepoli è marcato dal saluto: “Pace a voi!”. La pace che Gesù ci dona è diversa dalla Pax Romana, costruita dall’Impero Romano (Gv 14,27). Pace nella Bibbia (shalom), è una parola ricca di un profondo significato. Significa integrità della persona davanti a Dio ed agli altri. Significa anche vita piena, felice, abbondante (Gv 10,10). La pace è segnale di presenza di Dio, perché il nostro Dio è un Dio di pace “Javhé è Pace” (Ger 6,24). “Che la Pace di Dio sia con voi!” (Rm 15,33).

E’ una pace ribadita. E’ la pace del Risorto. Tra i due saluti di pace, lo spazio per riconoscere il Risorto – anzi! – il Crocifisso veramente risorto!! E’ la sola pace che possa placare animi afflitti dal dolore del tradimento e dell’effetto del tradimento: il dramma della morte del Maestro, del Signore. E’ solo in questa dimensione particolarissima di pace che – secondo Giovanni evangelista – può realizzarsi il dono dello Spirito: «Ricevete lo Spirito Santo» (v. 22).