In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente.
Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»
(Luca 18,1-8).
Domenica XXIX del tempo ordinario, anno C. L’evangelista Luca è il solo a narrare questa parabola sulla preghiera: pare che voglia sottolineare un insegnamento a lui molto caro, ossia che la preghiera è un’attività essenziale dei discepoli di Gesù (cfr. 11,5-12). Che cosa fare di fronte alla prospettiva (suggerita dal versetto 8: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?») della fine dei tempi? Spaventarsi? Inquietarsi? E’ meglio affidarsi al Signore nella preghiera e nella speranza (cfr. 21,36). Paolo dirà: «Perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12).
#bibbiafrancescana ci testimonia che il tema in questione era molto caro a Francesco. Già nella Regola non bollata al cap. XXII (FF 61) si fa diretto ed esplicito riferimento al versetto lucano: «E adoriamolo [Dio] con cuore puro, “perché bisogna pregare sempre senza stancarsi mai”; infatti “il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano, bisogna che lo adorino in spirito e verità”». Insiste poi nella Lettera ai fedeli, III (FF 188): «Ed eleviamo a lui [Dio Padre] lodi e preghiere giorno e notte, dicendo: “Padre nostro, che sei nei cieli”, poiché bisogna che noi preghiamo sempre senza stancarci», restituendoci ancora una volta l’indicazione privilegiata di Francesco per LA preghiera che ci ha insegnato nostro Signore Gesù Cristo.
Come è stato fatto notare (C.Paolazzi, Fonti francescane, pp. 161ss) «Frate Francesco “scrittore” nasce e muore pregando». Infatti «Disponendo in ordine cronologico gli Scritti di frate Francesco, si scopre che la loro pagina più antica e la più recente appartengono entrambe alle preghiere e laudi: la prima è la Preghiera davanti al Crocifisso (1206 c.), sofferta invocazione di un uomo alla ricerca della luce e della via di Dio; l’ultima è la “lassa” di “sora nostra Morte corporale”, aggiunta da Francesco al Cantico e fatta cantare all’annuncio che il trapasso definitivo in Dio era ormai imminente (autunno 1226)». La doppia circostanza non va sottovalutata, visto che riguarda «non un orante, ma un uomo tutto fatto preghiera» (2Cel 95), nel quale la ricerca incessante del Dio Padre creatore non attenua, ma approfondisce la comunione con le sue creature.
Francesco raccoglie la sfida di «pregare sempre, senza stancarsi mai», ma lo fa con la creatività che contraddistingue la sua esperienza spirituale di fede: invece che domandarsi come-quanto pregare, si “trasfigura” nell’orante/orazione. «Spesso [Francesco], senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tale modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente» (2Celano 95: FF682).
Questa risposta di Francesco non è certo LA risposta al tema della preghiera perpetua, incessante. Alcuni secoli più tardi la tradizione cristiana orientale ci regala il piccolo e prezioso capolavoro dei racconti dell’anonimo pellegrino russo, che narra l’appassionata ricerca di un semplice credente “tormentato” da come corrispondere all’invito di Cristo: il pellegrinare è già preghiera (comunione con Dio) e occasione di tanti incontri di grazia che gli permetteranno di apprendere poi anche una tecnica di preghiera (l’esicasmo, già nota dalla Filocalia) confacente al risultato sperato: «”Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”».
Invocazione biblica (Lc 16,24; 17,13; 18,13; 18,38-39; Mc 10,47-48; Mt 9,27; 20,30-31, senza contare l’antico testamento…) ripetuta con le labbra incessantemente al ritmo del respiro…; invocazione biblica così prossima all’esperienza del Francesco convertito, penitente, proclamata ancor più con i gesti e fatti che con le parole o le labbra.
«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Difficile intravedere una risposta inequivocabile di Francesco a questa domanda. Però non si può equivocare la sua proposta per sapere un giorno la risposta a questa domanda: «E tutti coloro che vogliono servire al Signore Iddio nella santa Chiesa cattolica e apostolica, e tutti i seguenti ordini: sacerdoti, diaconi, suddiaconi, accoliti, esorcisti, lettori, ostiari, e tutti i chierici, tutti i religiosi e tutte le religiose, tutti i fanciulli e i piccoli, i poveri e gli indigenti, i re e i principi, i lavoratori e i contadini, i servi e i padroni, tutte le vergini e le continenti e le maritate, i laici, uomini e donne, tutti i bambini, gli adolescenti, i giovani e i vecchi, i sani e gli ammalati, tutti i piccoli e i grandi e tutti i popoli, genti, razze e lingue, tutte le nazioni e tutti gli uomini d’ogni parte della terra, che sono e che saranno, noi tutti frati minori, servi inutili, umilmente preghiamo e supplichiamo perché tutti perseveriamo nella vera fede e nella penitenza, poiché nessuno può salvarsi in altro modo» (Regola non bollata, XXIII: FF68).
Non ho la fede di Francesco. Non ho la fede dell’anonimo pellegrino russo.
Non so se bussando alla mia porta, il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà un uomo di fede. Presumo che troverà delle labbra che pronunciano: «Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me…». Ma subito dopo: «Permettimi, Signore, di accompagnarti là dove troverai ciò che cerchi, perché io l’ho vista la fede che cerchi in alcune persone, situazioni, realtà che mi hai dato di conoscere in questa vita… E nell’andare considerami pure l’amico innominato di Clèopa sulla strada per Emmaus e spiegami…».
link: http://bibbiafrancescana.org/2016/10/pregare-eo-essere-preghiera/
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