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lunedì 26 settembre 2016

il settimo fratello - articolo per #bibbiafrancescana

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti.
Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo.
Morì anche il ricco e fu sepolto.
Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui.
Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.
Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli.
Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”.
Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”.
E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”.
Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
(Lc 16,19-31)

Questa parabola (Domenica XXVI t.o. anno C) la racconta solo Luca ed è molto originale. Si suddivide in due quadri  (come in quella “del Padre misericordioso”, 15,11-32). Dopo il preambolo che presenta il contrasto sulla terra tra un ricco senza nome e Lazzaro, un povero (16,19-21), fa vedere come il loro destino si è rovesciato nell’aldilà e si concentra su due dialoghi tra il ricco ed Abramo: il primo sulla sorte toccata al ricco (16,22-26); il secondo su quella che toccherà ai suoi fratelli.

lunedì 19 settembre 2016

servitòri servìti - articolo per #bibbiafrancescana

«Nessun servitore può servire due padroni, 
perché o odierà l’uno e amerà l’altro, 
oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. 
Non potete servire Dio e la ricchezza» (Lc 16,13).

Le ricchezze sono mendaci: apparentemente esse sono al nostro servizio. Dopo un po’ – però – si manifestano per ciò che sono (un idolo, “mamonà” diceva la precedente e proverbiale traduzione della Bibbia, ossia la parola aramaica che descrive la ricchezza ingiusta personificata, ossia un idolo, appunto!).

#bibbiafrancescana ci ricorda che Santa Chiara d’Assisi, con la sua scelta radicale della povertà – persino più radicale di quella di san Francesco – nel confidare i suoi pensieri di gioia a Agnese di Boemia che aveva scelto il suo stile di vita, le dice tra l’altro:

«Voi sapete – lo credo fermamente – che il regno dei cieli è promesso e donato dal Signore solo ai poveri, perché quando si amano le realtà temporali, si perde il frutto della carità e che non si può servire Dio e la ricchezza, poiché o si ama l’uno e si odia l’altro, o si serve l’uno e si disprezza l’altro; sapete pure che un uomo vestito non può lottare con uno nudo, perché più presto è gettato a terra chi ha dove essere afferrato e che non si può stare con gloria nel mondo e regnare lassù con Cristo. E poiché potrà prima passare un cammello per la cruna di un ago che un ricco salire al regno celeste, avete gettato via le vesti, cioè le ricchezze temporali, per non soccombere in nulla all’avversario nella lotta ed entrare per la via stretta e la porta angusta nel regno dei cieli» (FF 2867).

giovedì 15 settembre 2016

sfogliare… non solo d’autunno - articolo per #bibbiafrancescana

Di null’altro mai ci glorieremo
se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore:
egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione;
per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati. (cf. Gal 6,14)

Nos autem gloriári opórtet in cruce Dómini nostri Iesu Christi, 
in quo est salus, vita et resurréctio nostra, 
per quem salváti et liberáti sumus.

La Festa del 14 settembre, l’Esaltazione della Santa Croce, con la celebrazione dell’Addolorata (15 settembre) e delle Stimmate di San Francesco (17 settembre) crea un “triduo di memoria della Passione” molto caro al carisma e mondo francescano.

Di quanto Francesco d’Assisi fosse legato a Cristo crocifisso ce lo raccontano pagine e pagine dei suoi scritti e sue biografie. Tra tutte ricordiamo quelle di Tommaso da Celano quando ci racconta che:

«Francesco era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra. [...] Anzi, trovandosi molte volte in viaggio e meditando o cantando Gesù, scordava di essere in viaggio e si fermava a invitare tutte le creature alla lode di Gesù. Proprio perché portava e conservava sempre nel cuore con mirabile amore Gesù Cristo, e questo crocifisso, fu insignito gloriosamente più di ogni altro dell’immagine di lui, che egli aveva la grazia di contemplare…» (1Cel 115: FF 522).