Gettare ponti sulle paure
L’interesse suscitato in questi giorni dalla particolare performance dell’artista bulgaro Christo
Vladimirov Yavachev sul Lago d’Iseo si è prestato a tante considerazioni, più o
meno autorevoli. Una passerella galleggiante di 4,5 chilometri (duecentomila
metri cubi di polietilene e tessuto giallo) intitolata “The floating piers” collega da qualche giorno la riva del lago (a
Sulzano) con le isole naturali di Montisola e San Paolo. Oltre che creare un
particolare effetto cromatico cangiante, la passerella a pelo d’acqua è
percorribile a piedi. Più che “camminare sulle acque” (specialità sin qui nota
ad un altro Cristo…) qui si può “camminare nell’acqua” da una prospettiva
quanto mai insolita, in uno scenario naturale edificante.
Lasciamo agli esperti valutare il senso e valore artistico
di questa particolare installazione. Resta però lecito riflettere su quanto la performance possa evocare con il suo “esserci”,
anche momentaneamente. In questa chiave di lettura, accogliamo allora il
desiderio dell’artista di voler comunicare il desiderio di “gettare ponti”, di
rendere possibili percorsi impensabili per collegare luoghi altrimenti
irraggiungibili senza mezzi naviganti o volanti…
E’ in questo intento che forse si può comprendere
l’attualità del messaggio richiamato clamorosamente dalla performance. In giorni in cui continuamente si evoca e si realizza
l’erezione di mura e di ostacoli in filo spinato in diversi angoli del mondo,
ecco che si impone il monito che “gettare ponti” si può, anche dove pare
impossibile. Non un novità: un messaggio ripetuto più volte anche da papa
Francesco. Ma come sempre verba volant…
Mentre centinaia di persone che “camminano nell’acqua” (nulla togliendo a chi
migliaia di anni fa passò attraverso il mare stando all’asciutto…) lasciano un
impatto più forte nell’emozione e nella memoria.
Recentemente – approfondendo la parabola del buon samaritano
(Lc 10,25ss) in quest’anno della misericordia – mi sono imbattuto in questa
bella riflessione di Martin Luther King (il quale, non dimentichiamolo, era un
pastore protestante e predicatore): «Il samaritano possedeva la capacità di un
altruismo pericoloso. La strada di Gerico è una strada pericolosa. È possibile
che il sacerdote e il levita temessero, qualora si fossero fermati, di essere
assaliti. Forse i briganti erano ancora nelle vicinanze; o forse l’uomo ferito
al suolo era un simulatore, che voleva attirare dalla sua parte i viaggiatori di
passaggio, per una rapida e facile rapina. Io immagino che la prima domanda che
il sacerdote e il levita si posero fu: “se mi fermo per aiutare quest’uomo, che
cosa mi succederà?” Ma per la natura stessa del suo interessamento il
samaritano rovesciò la domanda: “se io non mi fermo per aiutare quest’uomo, che
cosa ne sarà di lui?”. Il buon samaritano s’impegna in un altruismo pericoloso»
(M.L. King).
E’ l’ altruismo
pericoloso del samaritano a “gettare un ponte” sopra le sue paure e
inconsistenze e raggiungere così quell’uomo moribondo.
Il resto è… parabola?
Sì, ma non solo: è storia passata presente e futura per ogni uomo che sappia
“gettare ponti”.
La Difesa del Popolo, domenica 28 giugno 2016
per sorridere... |
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