Di come a frate Rufino si palesò il profeta
Ezechiele per via della #bibbiafrancescana
Il titolo
strizza un po’ l’occhio al modo dei titoli dei capitoli dei Fioretti di san Francesco.
E tra breve
si capirà il perché.
La “liturgia
delle ore” è ciò che ritma la vita di un frate/suora e li accompagna nella
preghiera quotidiana della Chiesa e nella Chiesa. Esperienza orante preziosa e
gratuita… anche se talvolta può scivolare nell’abitudinarietà. Un maestro nello
spirito e ‘fratello maggiore’ nella vita religiosa mi suggerì che per far
tesoro della preghiera salmica è utile – magari dopo la preghiera comunitaria –
soffermarsi da soli su quel salmo o cantico che abbia attirato la nostra
attenzione per il suo contenuto testuale ‘in sintonia’ col proprio vissuto.
Esperienza che, ammetto, ha dato sempre buoni frutti; esperienza che permette
poi un approfondimento sapienziale del tesoro racchiuso in quei testi che da
secoli affiorano dalle labbra dei credenti, magari aiutati da qualche buon
commento esegetico-spirituale.
Sabato della
quarta settimana del salterio, lodi mattutine. Nella proposta del breviario la
mia attenzione cade sul cantico di Ezechiele 36,24-28: mirabile e potente
visione profetica con immagini forti e perentorie. Sento che per il mio vissuto
ho bisogno di credere che ciò che è scritto sia vero anche per la mia vita. Si
parla di un popolo raccolto, radunato dalla mano di Dio, lavato e purificato da
ogni idolatria. Uomini che non sanno di soffrire di cuore: hanno un cuore di
pietra… e Dio glielo sostituisce con uno di carne, insieme ad uno spirito
nuovo. Lo spirito nuovo che anima questi individui permette loro di vivere in
armonia col progetto di bene proposto da Dio: «voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio». La meditazione
comincia a spaziare dal testo al contesto… con all’orizzonte la “chiave
evangelica” proposta dal breviario: «Essi
saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”» (Ap 21, 3): la promessa
dell’ «Emmanuele che significa
Dio-con-noi» (Is 7,14; Mt1,23)!
Per allargare
lo sguardo e la meditazione-comprensione da pochi giorni posso aprire la #bibbiafrancescana. Il testo biblico
assume contorni più solidi rispetto i pochi versetti proposti necessariamente
dalla liturgia… Ed ecco che al versetto 26 «vi
darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi
il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne», proprio nel cuore del
messaggio di salvezza proposto dal profeta, occhieggia il piccolo numero
marginale “1863”. Solo soletto tra non poche pagine del libro biblico… Si frena
la curiosità, si cerca una prima sintesi di quanto raccolto nella
preghiera-meditazione portando il cantico nella mia vita: si cerca di “imparare
a credere”, di “ricordare” quando quella parola è stata vissuta. Si chiede a
Dio che la sua promessa antica si avveri presto: se ne sente il bisogno… anche con
una certa urgenza!
Compiuto
l’itinerario desiderato, la curiosità preme: cosa si cela dietro quel “1863”?
Dove le Fonti francescane citano
Ezechiele 36? E in che contesto? Numero ‘alto’… Non sono gli scritti di
Francesco, nemmeno le prime biografie… «Capitolo
XXIX - Come il demonio in forma di Crocifisso apparve più volte a frate
Ruffino, dicendogli che perdea il bene che facea, però ch’egli non era degli
eletti di vita eterna. Di che santo Francesco per rivelazione di Dio il seppe,
e fece riconoscere a frate Ruffino il suo errore ch’egli avea creduto». Il
titolo tradisce subito la fonte per chi da tempo sfoglia le Fonti: un capitolo dei Fioretti! La curiosità cresce e si torna
volentieri su pagine antiche.
La vicenda
scorre sospesa tra l’immaginifico dei Fioretti
e la realtà cruda di un’esperienza spirituale davvero dura di fra Rufino:
dubita di poter essere nel novero dei salvati da Cristo. Il demonio stesso si
accanisce su di lui e – sotto apparenza di Cristo stesso! – lo persuade che non
c’è speranza per il mite religioso: inutile anche seguire gli insegnamenti «del figliuolo di Pietro di Bernardone».
Rufino si chiude nel suo dolore-disperazione e di fatto si isola dalla
fraternità. Fra Masseo si accorge che qualcosa non va; Francesco stesso per
ispirazione divina comprende il travaglio del fratello. Non senza fatica e
opposizione, Rufino è condotto da Francesco, che dopo averlo affettuosamente
apostrofato con: «O frate Ruffino
cattivello, a cui hai tu creduto?» gli rivela di conoscere perfettamente la
sua pena. Rufino apre il suo cuore in piena… e così alleggerito può accogliere
il consiglio di Francesco: per prima cosa impara un sorprendente e rozzo ‘esorcismo’
(lascio alla curiosità del lettore andarlo a recuperare!) e poi accoglie la “sapienza
del povero” Francesco nutrito di Parola di Dio: «Anche a questo dovevi tu ancora conoscere ch’egli era il demonio, imperò
che t’indurò il cuore a ogni bene; la qual cosa è proprio suo ufficio: ma
Cristo benedetto non indura mai il cuore dell’uomo fedele, anzi l’ammorbida,
secondo che dice per la bocca del profeta: “Io vi torrò il cuore di pietra e
darovvi il cuore di carne” (Ez 36,26)». Rufino comprende che la Parola di
Dio è promessa di salvezza, che Cristo stesso agisce per trasformare ogni cuore
di pietra in cuore di carne, “in chi si lasci far operare da questo particolare
cardiologo”. L’esorcismo suggerito poi si rivelerà efficacissimo, e il demonio
rimontante sarà sconfitto.
L’alta
spiritualità del testo profetico di Ezechiele, grazie alla ‘dritta’ di #bibbiafrancescana si innerva di un
vissuto che – per quanto possa essere leggendario – nella sua sostanza ricalca
la verosimile condizione di uomini e donne di fede in certi passaggi non
semplici della loro avventura nella sequela
Christi. E sorprende l’insegnamento di Francesco che propone come rimedio
un misto tra un sano e irriverente umorismo e la solida sapienza biblica.
Fra Rufino
incontra il profeta Ezechiele. E chi ha speso un po’ di tempo tra breviario, #bibbiafrancescana e Fonti francescane trova un sorriso e una
nuova pista per attraversare il suo Esodo interiore.
«A laude di Gesù Cristo e del poverello
Francesco. Amen.»
dedicato a sr. Già
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