martedì 29 gennaio 2019

eppur si muove(va) - la "Rebus" del mio trisavolo Carlo Menon

In questo video-documento simpatico e commovente la vetturetta "Rebus" costruita dal mio trisavolo Carlo Menon (Roncade-TV 1857 - Treviso 1934):  quadriciclo in movimento nei primi anni '70 del secolo scorso, quando aveva quasi 100 anni sulle... bielle!

NOTA 30 gennaio 2019 - Il video è stato rimosso per problemi di copyright. Amen.

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CARLO MENON - E’ il fondatore della ‘’Ditta Carlo Menon’’, officina di fabbro ferraio e di velocipedi in acciaio su commissione, che nasce nel 1875 nel centro di Roncade (Treviso-Italia).
Già a 12 anni Carlo inizia a lavorare presso un fabbro ferraio e a 17 si mette in proprio, ideando un primo biciclo in legno.
Nel 1887 Carlo Menon e Fausto Vianello costruiscono un biciclo con ruote in legno cerchiate in ferro.
Primo in Italia, Menon realizza biciclette con ruote di diametro uguale.
Nel 1896 partecipa alla costruzione di un aereo, un biplano in canne d’India e tubi d’acciaio con propulsione a pedali.
L’anno dopo si cimenta con le automobili e realizza, impiegando un motore francese da 2,5 HP, una vetturetta chiamata ‘’carrozza senza cavalli’’.
Affronta da solo i problemi legati ad accensione, raffreddamento, cambio, frizione e differenziale. Realizza ruote in acciaio con raggi, con pneumatici forniti dalla Pirelli.
Il motore è ad un cilindro, le sospensioni sono a molla; nelle gare raggiunge la velocità di ventisette chilometri orari.
La ditta, condotta dopo la morte del fondatore, nel 1924, dai figli, cresce negli anni successivi lavorando per conto dell’esercito e delle ferrovie.
Nel 1940 impiega 350 dipendenti ed è l’unica fonte di lavoro per il paese. (fonte roncade.it)
Altre info qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Menon

domenica 27 gennaio 2019

premurose attenzioni - post per #bibbiafrancescana

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; / per questo mi ha consacrato con l’unzione / e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, / a proclamare ai prigionieri la liberazione / e ai ciechi la vista; / a rimettere in libertà gli oppressi, / a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 1,1-4; 4,14-21).

III domenica del tempo ordinario – anno C – Il brano è composito, perché costituito da due parti distinte: il prologo dove l’evangelista Luca precisa i motivi per cui, dopo ricerche accurate, ha deciso di scrivere il vangelo (1,1-4) e il discorso nella sinagoga di Nazaret con il quale Gesù dà inizio al suo ministero pubblico e presenta se stesso come colui che è venuto a compiere la profezia di Isaia (4,14-21). Nell’«oggi» di Gesù ha inizio l’«anno di grazia» del Signore.

Fra gli evangelisti, Luca è l’unico a menzionare le fonti di cui si è servito per scrivere (1,1-4), e fra queste vi è molto probabilmente il vangelo di Marco o altra fonte comune  con Marco. Lo scopo che lo scrittore si prefigge è di mostrare la solidità degli insegnamenti impartiti dagli apostoli mettendo il lettore in grado di conoscere Gesù, andando al di là del racconto, dei fatti e dei detti narrati. La sua premura si evince anche all’inizio della sua seconda opera letteraria, gli Atti degli apostoli:

«Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio…» (At 1,1-3).

Luca parla di “ricerche accurate”: significa forse che Luca vuole fare opera di puro storico? Quando lo si confronta con gli altri evangelisti, ci si accorge che non è così. Se Luca ha, talvolta, cercato di dare agli avvenimenti più coerenza e verosimiglianza, la critica storica riconosce che i racconti di Marco e, qualche volta, anche quelli di Matteo sono più antichi e vicini alla vita di Gesù. Sarebbe perciò un errore vedere in Luca uno storico nel senso moderno della parola. A quell’epoca, assai più di oggi, gli storici sapevano che l’interpretazione dei fatti era essenziale al loro racconto. E ciò vale assai di più nel caso dei vangeli. Non si tratta di riportare il passato per il passato, ma di proclamare la fede mettendo il lettore alla presenza del Cristo risorto, identico a Gesù di Nazaret: i fatti che lo riguardano sono perciò riferiti alla luce della Risurrezione. Questa mutua influenza di Cristo glorioso e di Gesù di Nazaret dà ai vangeli il loro carattere specifico.

domenica 20 gennaio 2019

le sue ultime volontà - post per #bibbiafrancescana

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. (Gv 2,1-11)

II Domenica del tempo ordinario – anno C – Torna il “Tempo Ordinario” dopo il “Tempo di Avvento-Natale”: Ordinario nel senso del tempo della sequela feriale al maestro che è quel Dio bambino ormai adulto, che passa, che chiama, che agisce per testimoniare il Padre “suo” che è Padre “nostro”. E pur nel tempo Ordinario, il brano è di collegamento con le “Epifanie“ proposte dalla liturgie dal 6 gennaio (Epifania per eccellenza) ad oggi (passando per il racconto del Battesimo di Gesù della seconda domenica del tempo di Natale).

La liturgia presenta il racconto di una festa di nozze nel contesto della quale accade il miracolo del vino: questo è «il primo segno» operato da Gesù nel quarto vangelo! Distinguiamo tre parti, con una introduzione (vv. 1-2) e una conclusione (v. 11). Tre dialoghi con personaggi diversi: il primo fra la madre e Gesù (vv. 3-5), provoca il miracolo; il secondo fra Gesù e i servi (vv. 6-8); il terzo fra il maestro di tavola e lo sposo (vv. 9-10). La conclusione (v. 11) è il commento teologico dell’evangelista che fa risaltare il carattere cristologico dell’episodio. Il racconto è delimitato da una precisa cornice narrativa, cronologica e geografica (vv. 1.11-12). Siamo in Galilea dove Gesù ha chiamato i primi discepoli (cf. Gv 1,43 ss.), precisamente a Cana, un villaggio sul pendio di una collina a circa otto chilometri a nord-est di Nazaret, durante uno sposalizio.

Dal testo non si può precisare quali fossero i rapporti di Maria con gli sposi, tuttavia Maria si trova già lì, in attesa (cf. v. 1), precede Gesù. Maria è presentata da Giovanni nella sua qualità di «madre di Gesù», come sotto la croce (cf. Gv 19,25-27), ma il Figlio la chiama «donna» (v. 4), mai madre; né è mai chiamata «Maria» nel quarto vangelo. Maria interviene per sollecitare l’aiuto di Gesù agli sposi in difficoltà (v. 3). Gesù interviene e opera il primo segno. Nel quarto vangelo, i miracoli compiuti da Gesù sono definiti «segni» (cf. Gv 2,23; 4,48.54; 6,2.14; 12,37; 20,30), cioè simboli storici che rivelano il mistero della sua persona e della sua missione (cf. Gv 10,38; 14,10). Essi manifestano la «gloria» avuta dal Padre come Figlio unigenito (v. 11; cf. Gv 1,14). Maria chiede l’obbedienza dei servi: «Fate quello che vi dirà» (v. 5). Il miracolo risalta in tutto il suo splendore, soprattutto nell’effetto di condurre alla fede piena i discepoli: l’espressione «credettero in lui» (v. 11) è tipica di Giovanni per indicare la fede.